Vinitaly, non solo vino: anche l'olio di oliva italiano è una eccellenza che cresce

Da Nord a Sud l’olio extravergine è il re della tavola degli italiani ed è diventato un’abitudine di consumo tra i consumatori più salutisti e nelle famiglie con figli piccoli. Secondo una ricerca Sol&Agrifood, presentata in collaborazione con Nomisma al salone dedicato alle produzioni di qualità alla fiera di Verona, oltre 9 italiani su 10 consumano olio di oliva, e 2 su 3 lo acquistano più volte al mese, selezionandolo in base all’origine, ancor prima del brand e del prezzo.

Complessivamente, nel periodo 2010-2017, è cresciuto (+77%) il valore dell’olio extravergine, col giro d’affari dell’oro verde che passa da 65 a 115 milioni di euro. Secondo l’indagine Nomisma, due italiani su dieci comprano alimenti Dop-Igp abitualmente. Questa propensione all’acquisto e la sensibilità nei confronti dei marchi certificati sono maggiori nelle grandi città e in generale nel Centro Italia.

Anche per i consumatori sui mercati esteri il cibo di qualità ha grande appeal: sia negli Emirati Arabi, che in Regno Unito e in Cina, circa 4 consumatori su 10 affermano, secondo indagini multi-country di Nomisma, che il nostro cibo e il nostro vino sono in assoluto i prodotti più rappresentativi del made in Italy, prima ancora di moda, auto e arredamento. I prodotti che più attraggono i consumatori stranieri sono pizza, pasta e olio extravergine di oliva. E la conquista di nuove frontiere di mercato per l’agroalimentare sembra un impegno bipartisan: «Dobbiamo colonizzare il mondo col made in Italy, a partire dal vino italiano che ci rende grandi nel mondo» ha detto il vice premier Luigi Di Maio, a Vinitaly.

«Siamo qui per affermare l’economia della bellezza» gli fa eco il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti secondo il quale «Vinitaly ha la funzione di essere la vetrina delle nostre eccellenze e di dare la spinta alla nostra competitività in un Paese che deve riconquistare la fiducia per il futuro» - Intanto nel parallelo Vinitaly ha preso piede il dibattito sul prezzo delle uve da vino, alla luce del report della Borsa Merci Telematica Italiana. A fine vendemmia, rileva Bmti, scesi in picchiata i listini delle uve atte alla produzione di Franciacorta (-28% rispetto al 2017), e per le uve Glera atte a Prosecco Doc (-19%) e a Prosecco Docg Conegliano - Valdobbiadene (-12%). Mentre quele dei vini rossi sostanzialmente tengono.

Andamento migliore invece per le uve destinate ai grandi rossi toscani, con i prezzi stabili per le uve atte a Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano e in forte crescita per le uve atte a Chianti Classico (+21%). Tra le uve piemontesi, segno «più» anche per le uve atte Moscato (+5%), a fronte di un leggero calo per le uve atte a Barbera d’Asti (-3%). Tra cantine e insegne distributive si apre la scommessa sul valore del vino annata 2019, con la richiesta trasversale di un prezzo equo stabile, dopo i rialzi nel 2018 del vino nei supermercati, mediamente del 6,5%, secondo dati Iri per Vinitaly, che hanno ridotto gli acquisti del 3,8%.

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