Rivoluzione in Spagna: per ogni bimbo mamma e papà a casa 16 settimane e entrambi pagati al 100 per cento

In Spagna non saranno più le sole madri a dover farsi carico dei neonati, con le inevitabili assenze dal lavoro che ritardano o condizionano carriera e promozioni. Il governo socialista di Pedro Sanchez ha varato un decreto che, in modo progressivo da qui al 2021, porterà i padri ad avere gli stessi diritti-doveri delle madri, equiparando i congedi di paternità a quelli di maternità.

Alla nascita di un figlio, i neo genitori avranno entrambi 16 settimane di congedo, di cui 6 obbligatorie, pagate al 100% delle stipendio. Le prime 6 dovranno essere godute subito dopo il parto e in maniera simultanea dai genitori, ma le successive 10 nell’arco del primo anno di vita del bambino con la possibilità di alternarsi nei permessi.

L’impatto della misura, che entrerà in vigore da mercoledì prossimo, è stimato fra i 250 e i 300 milioni di euro, che aumenteranno a 1,2 miliardi nel 2021, quando sarà a regime. Si tratta, in altre parole, di cambiare la realtà attuale, in cui solo il 2% degli spagnoli, secondo i dati della previdenza sociale, richiede il permesso di paternità, oggi di 5 settimane.
«La maternità non può essere un’arma contro lo sviluppo lavorativo e civico delle donne, ma deve essere una scelta libera, per cui dobbiamo farci tutti corresponsabili», ha ricordato la vicepremier e ministra per l’uguaglianza Carmen Calvo al termine del consiglio dei ministri, sullo sfondo, un cartello per l’8 Marzo con la scritta: «Tiempo de mujeres».

Il governo Sanchez chiude così la legislatura con una raffica di misure sociali alla vigilia dell’8 marzo e a due mesi dalle elezioni politiche del 28 aprile, puntando alla mobilitazione dell’elettorato di sinistra. Ma anche di ampi settori del centro più critici con il liberale Ciudadanos e con il Partito Popolare, alleati al governo dell’Andalusia e sostenuti dalla forza di estrema destra Vox, che ha messo in discussione le leggi sull’aborto e sulla violenza di genere.
Il provvedimento include infatti anche misure per combattere il gap salariale fra uomini e donne. Come un registro dei salari, nelle imprese con oltre 50 lavoratori (finora il limite era di 250 impiegati) disaggregati per sesso, categorie e gruppi professionali, da comunicare a comitati di fabbrica e sindacati.

I piani aziendali dovranno includere obbligatoriamente un audit dei salari, misure di corresponsabilità e di prevenzione degli abusi sessuali. Ed è previsto l’annullamento del licenziamento delle donne in gravidanza anche durante il periodo di prova, o dei lavoratori che rientrano al lavoro dopo i permessi parentali, almeno nei 12 mesi dopo averli goduti.

Dall’entrata in vigore, mercoledì prossimo e dopo la pubblicazione sul Bollettino dello Stato, i provvedimenti dovranno essere convertiti nel giro di 30 giorni dal Congresso dei deputati. A Camere sciolte dal prossimo martedì, in vista della convocazione delle urne, sarà la Diputazione permamente a doverlo convalidare, pena la decadenza e il ritorno al regime precedente. Il leader del Pp, Pablo Casado, ha già bollato le misure come «elettorali».

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