Stille Nacht compie 200 anni: la storia di una canzone universale

di Matteo Lunelli

Duecento anni e non sentirli. Due secoli passati in giro per il mondo, in ogni angolo, pur partendo da un minuscolo paesino austriaco. Venti decenni a coinvolgere grandi e piccini, nelle piccole chiesette e nei grandi auditorium, nelle scuole e nei teatri prestigiosi. Stiamo parlando della canzone natalizia per eccellenza: Stille Nacht.

Tutti, almeno una volta nella vita, l’hanno cantata, suonata o ascoltata. Magari con un titolo diverso, come Silent Night, Astro del Ciel (che propone tuttavia un testo differente), Douce Nuit o Noche de Paz, ovvero le traduzioni di un titolo e di un testo che è stato reinterpretato in circa 300 lingue e che viene cantanto da due miliardi di persone ogni Natale.  

Quando arriva questo periodo, infatti, puntalissima Stille Nacht ritorna. Ed è un messaggio, oltre che universale, anche trasversale, nel senso che lo ritroviamo nelle scuole e negli asili, ma anche nelle grandi sale della musica, intrepretato dalla grandi orchestre, dai grandi cori e dai grandi cantanti, come Andrea Bocelli o Dionne Warwick. Non mancano, poi, nemmeno le versioni più «moderne» (che qualche purista potrebbe definire quasi oltraggiose), ovvero in chiave rock, metal o disco.
Se tutti conoscono melodia e parole, però, pochi sanno la storia. Ed è una storia talmente bella e affascinante da dare un ulteriore tocco di magia alla canzone.

Bisogna tornare indietro di 200 anni, esattamente al 24 dicembre 1818. Siamo in Austria, a Oberndorf (in alto la foto della chiesetta da stillenacht.com), un paesino conosciuto praticamente solo dai suoi cinquemila abitanti, a venti chilometri da Salisburgo (questa sì una delle città più conosciute al mondo per la musica). Erano tempi difficili, di miseria e povertà. Ma quel giorno della Vigili accadde qualcosa di fantastico, di inimmaginabile. I protagonisti sono le due figure fondamentali di ogni paese in quegli anni: il parroco e il maestro. Il primo si chiama Joseph Mohr, classe 1792, il secondo Franz Xaver Gruber, classe 1787, che è pure l’organista della chiesa. I due amici si incontrano, sotto una dolce nevicata: sono bagnati, infreddoliti e pure un po’ preoccupati, perché mancano poche ore alla messa più importante dell’anno e non hanno ancora un canto da proporre ai fedeli. Un canto che deve essere immediato e commovente, ma anche speranzoso. Joseph porge all’amico un foglio con il testo di una poesia, scritto due anni prima, nel 1816, e poi riposto in un cassetto. Franz legge e rilegge. Poi sorride: è perfetto. Manca però la musica. Franz si siede all’organo, ma non funziona, per colpa dei topi che l’hanno rosicchiato: da tempo fa le bizze, ma i soldi per ripararlo non ci sono. Così prende la chitarra e inizia a cercare gli accordi giusti.

Poco dopo la melodia c’è e il testo anche. Ma non c’è tempo per convocare il coro e fare le prove, quindi saranno i due novelli Simon & Garfunkel ante litteram a proporre la nuova canzone, chitarra e voce. Stille Nacht, Heilige Nacht, Alles schläft Einsam wacht: i fedeli (e anche chi era lì solo per ripararsi dal freddo) vengono rapiti da quello splendido canto di pace e di speranza in un momento di povertà e fame. Ma per arrivare da Oberndorf al mondo, Stille Nacht ha bisogno di tempo e, soprattutto, di persone e fortuna. L’occasione si presentò grazie a Karl Mauracher, famoso costruttore di organi, che trovò lo spartito e grazie all’aiuto delle famiglie Rainer e Stresser, che giravano l’Europa proponendo canti tirolesi, riuscì a farlo conoscere in gran parte del vecchio continente.  

Il resto della storia lo sapete già tutti e lo abbiamo già detto all’inizio: Stille Nacht diventa LA canzone di Natale. Ma perché? «Perché è facile e immediata, si intuisce ancora oggi che venne scritta di getto», sorride Armando Franceschini, ex direttore del Conservatorio di Trento e grande esperto di musica. «L’andamento ripetitivo resta nella memoria e il testo è una splendida poesia. Poi la sentiamo un po’ nostra, visto che è nata poco lontano dal Trentino, come una sorta di canto popolare tra i monti. Ricordo un aneddoto storico: durante la prima grande guerra, mi pare nel 1914 in Belgio, le truppe contendenti interruppero il momento bellico per intornarla insieme: oltre gli ordini dei generali mollarono i fucili per intonare insieme questo canto di pace. I miei studenti? Quando l’abbiamo proposta l’hanno sempre accolta con entusiasmo».

Una conferma del valore della canzone arriva anche a Annely Zeni, direttore artistico Festival regionale di Musica Sacra. «Le ragioni strettamente musicali del successo planetario di Stille Nacht restano tra i misteri insondabili della storia. L’inossidabile fortuna della canzone, opera, così pare, di un modesto quanto oscuro organista di un altrettanto modesto quanto delizioso paesino del salisburghese è piuttosto osservabile come gigantesco fenomeno di cross-over, complice, come sempre nei casi del “popolare”, la spudorata innocenza della melodia, permeabile a qualsiasi trasformazione. Navigando a man bassa in rete, tale adattabilità produce esiti di stupefacente diversità, scorrendo dalle dotte elaborazioni polifoniche destinate alla miriade di cori d’ogni nazionalità, alla versione family della cantatina, più o meno stonacchiata, sotto l’albero. Le versioni? Da Bing Crosby a Rod Stewart, da Romina e Albano a Beyoncè,passando per Michel Bublè e Dolly Parton. E perfino il cantante dei metallari Testament in una compilation da titolo che lascia poco spazio a interpretazioni “We wish you a metal xmas”». Chissà cosa ne penserebbero don Joseph e il maestro Franz...

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