Ripristinare il servizio militare? Gli Alpini: sì, educava i giovani

«Avanti marsh!», ha iniziato Salvini, che propone di «reintrodurre il servizio militare e civile obbligatorio». «Dietrofront!», gli risponde Elisabetta Trenta, ministro della Difesa del suo stesso governo - nonché ex volontaria nella missione Onu in Libano - «È un’idea romantica, ma credo non sia al passo con i tempi».

NAJA: SÌ O NO? VOTATE IL SONDAGGIO

Sia come sia, nell’agguerrito dibattito sulla leva di questi giorni, di sicuro le penne nere non potevano restare neutrali. Ieri infatti, con un comunicato della loro Associazione Nazionale, gli alpini si sono schierati. O meglio, hanno tenuto ferma la linea, visto che la proposta l’avevano già fatta a Renzi. Per tutti, valga il commento di Maurizio Pinamonti, presidente dell’Ana di Trento: «Vogliamo un servizio di ausilio alle forze armate, magari nella Protezione Civile», diverso cioè dalla vecchia naja, «ma che sia obbligatoria per tutti, maschi e femmine, e che duri dai sei mesi in su». E aggiunge: «Un’idea romantica? Per carità. La nostra è una proposta molto pratica e attuale».

Gli alpini iscritti all’Ana, in Trentino, sono circa ventitremila, ma - bisogna dirlo - metà di loro ha più di sessant’anni. E anche il comunicato dell’Ana, a una prima lettura, sembra proporre temi che da un po’ non si sentivano. Si parla di Patria, di «desertificazione del senso comune», di perdita dei valori tra i giovani.

Ma, a dispetto del suo ruolo e del suo grado, Pinamonti sembra davvero lontano dallo stereotipo del militare. Ovviamente, ha le sue posizioni, e le presidia saldamente, come un vero alpino. Ma risponde sempre in modo pacato e ragionevole.

Le Forze Armate non dovrebbero essere composte solo da professionisti? «Certo, ma con la leva obbligatoria per tutti i giovani potrebbero mettere a disposizione il proprio tempo per la Patria, a disposizione dei cittadini», magari nella Protezione Civile, o in un corpo ausiliario «visto che l’età media nelle Forze Armate è superiore ai quarant’anni». Sarebbe un modo per educare i giovani, «perché la naja è un modo per abituarli a stare assieme agli altri, a prescindere dalle loro origini, e insegnare loro il rispetto e il dovere: devono capire che non viviamo soli in questo mondo».

Ed è vero che oggi, i ragazzi si formano in maniera diversa, «una parte dei giovani impara queste cose da esperienze scolastiche o formative, ma non tutti vogliono o non tutti possono farle». Certo, il servizio militare tradizionale andava rivisto, «ma era comunque un anno di vita dedicato agli altri». Eppoi, molti ragazzi «imparavano a usare la radio o altri strumenti, avevavano una formazione ulteriore, da spendere nel lavoro». Pinamonti ricorda il suo, di servizio militare, nel’74 - «Scuola Ufficiali di Aosta, poi distaccato a Tai di Cadore», snocciola fiero - quando da giovane tenente guidava un altro centinaio di ragazzi sulle Dolomiti bellunesi.

«La vita in montagna aiuta a stare assieme agli altri, ci si deve aiutare». Poi si fa quasi poetico, pronunciando parole sulle quali - è evidente - ha rimuginato a lungo: «Nessuno di noi il militare lo ha fatto volentieri. Ma bere assieme dalla stessa borraccia, comminare assieme e soffrire assieme, sono esperienze che formano le persone, le forgiano in maniera indelebile». E conclude, più serio, pensando alla politica: «Mi auguro che non sia solo un’uscita a carattere elettorale».

Comunque la pensiate, se avere fatto il servizio militare e conservate ancora le foto, inviatecele e le pubblicheremo: internet@ladige.it o su WhatsApp: 349 9116107.

Jacopo Strapparava

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