Quando la birra è arte C'è «Robe da chiodi»

Se ne vedranno di tutti i colori oggi e domani all’opificio delle idee per l’evento organizzato da «Klanbarrique» e «Birrificio italiano»: «Robe da chiodi» (Opificio delle Idee, Frazione Sega, Trambileno). Nove stand per altrettanti produttori di birra, due per i festival italiani dedicati, tre workshop, quattro produttori di sidro e idromele, otto di vino e uno spazio per i vignaioli trentini: sono i numeri della terza edizione di un festival che conferma l’attenzione crescente alle infinite sfumature dell’alcolico più bevuto al mondo. E che di mondo si tratti, parlando di birre artigianali, lo si capisce visitando l’azienda roveretana specializzata nella loro barricazione; un «clan» attivo dal 2016 che conta oggi sette etichette per una produzione annua di 25mila litri. Cifre da nicchia, quelle dei birrai artigiani, irrisorie se confrontate ai marchi leader del settore. Ma che nascondono, in una fetta di mercato nazionale pari al 4%, un microcosmo ricco di eccentricità, ricerca e passione attorno ai magici quattro ingredienti: acqua-malto d’orzo-lievito-luppolo. Ed è forse anche per questo che il fenomeno ha incontrato la curiosità di tanti giovani, con avventure imprenditoriali più o meno di successo.

«”Robe da chiodi” nasce assieme a Klanbarrique per renderne palese l’attività sul territorio» raccontano Nicola Marzari, Michele Lunelli e Matteo Marzari, l’enologo socio fondatore che con Agostino Arioli di Birrificio italiano e Andrea Moser ha dato vita al progetto. «Il nome ha due ragioni: in tutte le nostre botti c’è un chiodo usato per fare il prelievo e l’assaggio, ma vuol dire anche cose da matti, cioè tanti prodotti particolari e la voglia di stupire avvicinando la gente al nostro lavoro». Da qui l’idea di un festival che sta diventando un punto di riferimento per gli appassionati; «per far conoscere la cultura birraia con prodotti di un certo livello», lavorazioni più spinte, spumantizzazioni e affinamenti in botte, incroci con mosti d’uva e frutta ad esempio, e «non solo con le classiche birre artigianali». Sì, perché di fronte alla carenza di esercizi specializzati e scuole - «sono pochi locali trentini con birre di qualità, rispetto al vino siamo al Medioevo birraio» - i cultori seguono i festival, divincolandosi fra diversi stili e qualità. Per bere, degustare e scambiarsi opinioni.

Secondo gli organizzatori sono circa 30 i piccoli birrifici in provincia, «una scena giovane (tanti sono nati dopo il 2010, ndr )», che sta raggiungendo una propria maturità: «I più vecchi hanno cinque anni e iniziano a esserci prodotti degni di nota». E se da una parte il settore paga l’inesperienza, dall’altra consente più libertà rispetto al vino, grazie a una «burocrazia più rilassata» e a margini più ampi in cui «divertirsi, sperimentare e provare» diversi ingredienti. A chi oggi volesse aprire un’attività, Matteo e Michele consigliano una salutare gavetta, unendo alla «passione dominante, pazienza, impegno e preparazione». Al resto del pubblico «Robe da chiodi» offre l’occasione di degustare «prodotti che si distanziano dai metodi classici e che vanno al di là del concetto di birra». Nella due giorni dedicata al mondo dei birrifici artigianali e dei «vini naturali» ci sarà spazio per cibo e musica con due gruppi live e due dj set. Il festival, autofinanziato, ha raccolto la collaborazione del Comune di Trambileno.

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