Amicizia, viaggi e birra: una «Passion» travolgente

di Matteo Lunelli

«Ragazzi, allora io vado. Ma quanto torno iniziamo insieme questa sfida, ok?». Siamo nel 2014 e chi saluta i due amici più o meno con queste parole è Marco Tettamanti. Valigia in mano e zaino pieno di speranze sta volando alla volta di Sunderland, estremo nord dell’Inghilterra, al confine con la Scozia: obiettivo diventare birraio di professione, seguendo le lezioni alla British Brewing Technology, una vera e propria università che insegna tutti i segreti della birra, dalla teoria alla pratica. Nel frattempo i due amici, che sono Michele Zotta e Marzio Dalpalù, si laureano e iniziano a porre le basi per realizzare il sogno.

Sogno che oggi è realizzato: ha un nome e un cognome, ovvero Passion Brewery, e un indirizzo, ovvero via Salorno, poco prima di Lavis. «In realtà bisogna fare un altro passo indietro - raccontano i tre trentenni trentini - fino al 2011: quell’anno siamo andati insieme negli Stati Uniti, un viaggio on the road, toccando undici stati e percorrendo seimila chilometri».  

Un viaggio guadagnato con i classici lavoretti estivi: Marco in un campeggio a Jesolo, Michele facendo consegne di volantini in Austria e Marzio servendo i clienti nel ristorante di famiglia. Ma torniamo agli Usa.
«Eravamo nel Colorado e siamo entrati in un grande locale, dove producevano birre artigianali di tantissimi tipi, con gli impianti sul retro e le spine nel bar. Lì è scoccata la scintilla, soprattutto in Marco, che ha sempre avuto la passione per le birre e collezionava le bottiglie. Al ritorno ci siamo detti “Proviamoci, facciamolo anche noi”. E così Marco è partito alla volta dell’Inghilterra, facendo poi una serie di esperienze formative in tanti birrifici».  

Per un paio di anni i tre fanno formazioni: leggono, studiano, imparano, viaggiano, perché nulla deve essere lasciato al caso. Ognuno fa un po’ tutto, ma dei ruoli ci sono: c’è il birraio, c’è chi fa marketing e chi si occupa degli aspetti finanziari. Superata la lunga fase burocratica, due mesi fa, l’apertura ufficiale («Abbiamo fatto tutto da soli, senza contributi o aiuti, ne andiamo orgogliosi» sottolineano). Il progetto è unico in Trentino: nel grande capannone ci sono la brewery, ovvero la fabbrica della birra, e annessa la taproom, che non è propriamente nè un bar nè una sala degustazioni, o meglio è tutte e due insieme, con le birre prodotte e spillate a pochi metri di distanza.  

«Siamo un birrificio craft: in italiano si traduce comunemente con birrificio artigianale, ma così perde un po’ di significato. Craft in inglese è un concetto, riassumibile con “l’abilità di lavorare un prodotto a mano”,che implica una relazione molto intima tra il prodotto e chi lo crea. Al momento facciamo 5 tipi di birre, ma poi abbiamo sempre qualche novità da proporre. Dal lunedì al sabato siamo aperti, dalle 17 in poi, e spesso organizziamo eventi con musica e food tracks. Poi forniamo bar e ristoranti e da quest’estate inizieremo a imbottigliare in lattina. Ma tutto è in divenire: quando faremo birre belghe le metteremo in bottiglie, poi proporremo nuovi gusti e sapori».
Il sogno di tre amici è ora realtà. Non resta che degustarselo.

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