Il ritorno dei vinili: a Rovereto c'è il Diapason, ultimo baluardo

di Matteo Lunelli

Una riserva indiana, l’ultimo baluardo, una mosca bianca: il Diapason Music Point  di Diego Baroni è l’unico negozio di musica rimasto in provincia, al netto di qualche grande catena internazionale che propone un po’ di vinili tra aspirapolveri e televisioni e qualche negozio di usato, come il Rileggo in via San Martino a Trento. In via Tartarotti a Rovereto, invece, Diego non molla: «Sono un sopravvissuto», sorride. Dischi, cd, poster, dvd, un piccolo paradiso per tanti appassionati: si entra e subito salta all’occhio il poster di Glen Hansard. Si gira lo sguardo e spunta l’ultimo degli Eels. Poco dietro i Nirvana. Su la testa ed ecco una serie di box: Neil Young, Beatles, Pink Floyd, Led Zeppelin. E poi ancora l’angolo dei gruppi trentini, con la possibilità di ascoltare gli album.
 
In mezzo, naturalmente, anche gli artisti più in voga, più radiofonici, più popolari, da Vasco ai Coldplay. Migliaia e migliaia di pezzi, con una vasta e completa scelta di vinili. «Il loro imprevedibile e inaspettato ritorno è stato una boccata d’ossigeno e una nuova speranza per il settore e anche per me: non ci fosse stata quest’ondata probabilmente avrei dovuto chiudere. Clienti e appassionati restano una nicchia, è facile quintuplicare partendo da numeri molto bassi, ma il segnale è importante».  
 
Diego Baroni ha iniziato nell’ormai lontano 1982 in un centro commerciale, occupandosi di musica. Poi nel 2003 l’apertura del negozio a Rovereto. «Quando ho aperto c’erano 6 negozi che vendevano anche dischi e cd. Oggi sono rimasto l’unico in provincia».  
 
Anche a Trento, infatti, gli ormai mitici Doc Records, Elettrocommerciale, Del Marco (che esiste ancora, in veste più «classica») hanno abbassato le serrande: lì c’erano esperti e appassionati, che sapevano consigliare il vinile giusto e avevano una vasta scelta. Al Doc, insieme al titolare Pio Leonardelli, c’era Max, che dell’ondata rock anni Novanta sapeva tutto. In largo Carducci c’era Enrico Merlin, virtuoso della chitarra ma anche profondo conoscitore della musica.Oggi resta solamente Diego Baroni. «giugno festeggeremo i 15 anni di attività. Come? Con la musica ovviamente: sarà un pomeriggio di live e iniziative. In tutti questi anni ho vissuto in prima persona l’esplosione di internet e la concorrenza sleale nella vendita online: i negozi chiudono, ma li rimpiangeremo».  
 
Il Diapason è così diventato anche un punto di ritrovo per appassionati. «Io non sono un super specialista, ma un tuttologo: qui si parla e ci si scambiano pareri. Personalmente amo Pink Floyd, Beatles, Orme, ma poi ascolto un po’ tutto. Il jazz in vinile sta andando forte. I clienti? Di tutto, da giovanissimi che mi sorprendono per quanto ne sanno ad anziani nostalgici. Diciamo che ogni 10 cd vendo 3 vinili, ma la tendenza è in aumento. Secondo me la soluzione definitiva per uscire dalla crisi del settore sarebbe vendere insieme cd e vinile, mentre oggi si vendono vinile e download».
IL RITORNO DEL VINILE 
 
Quel braccio un po’ storto da prendere con due dita. E la puntina, da appoggiare con delicatezza. Ma per quanto si starà attenti il primo rumore, inevitabilmente, sarà una sorta di «scratch». Poi il silenzio: il cerchio nero gira, gira e gira, finché la puntina non arriva nel primo solco. E a quel punto inizia la magia, il rituale, la sensualità: il vinile è sul piatto e la musica esce dagli amplificatori. Bisogna ascoltare: niente trucchetti, permessi dai lettori cd o mp3, come skippare una canzone, mandare avanti il pezzo, andare direttamente al brano preferito. L’lp obbliga a rispettare la musica. 
 

Tutto quello che abbiamo descritto sta tornando: i vecchi 33 o 45 giri stanno rientrando nelle case. Forse è solo una moda, semplicemente una tendenza passeggera, ma secondo molti esperti è anche l’ancora di salvezza per il mondo della musica, compresa quell’industria discografica che 35 anni fa aveva fatto il funerale ai dischi, in nome dei moderni compact disc, a loro volta messi in un hospice qualche anno fa (gli esperti dicono che scompariranno entro il 2022) per fare spazio a streaming, mp3 e download.  

A livello economico, pur restando un mondo di nicchia, il mercato dei dischi sta facendo registrare crescite record. In Italia nel 2016 il vinile valeva il 6% delle vendite, in crescita del 52% rispetto all’anno precedente; già nel primo semestre del 2017 la quota ha toccato il 9%, con un giro d’affari da oltre 5 milioni di euro in crescita del 44% rispetto allo stesso periodo del 2016, di fronte al calo generale del settore fisico (-17%). Dati che a livello mondiale crescono ulteriormente.  

Ormai non esiste artista, dal rock al pop, passando per rap e punk, che non produca anche in questo formato vintage il proprio album: lo chiede appunto il mercato, lo chiedono i fan. E qui nasce una contraddizione: in un’era nella quale la musica è accessibile a tutti e (spesso) gratuita, il prodotto più in voga è quello più costoso. Un vinile, infatti, ha costi di produzione e di vendita più alti rispetto a mp3, cassette (sì, anche quelle stanno tornando) e cd, ma il prezzo è giustificato dalla bellezza del prodotto: la copertina, il retrocopertina, la foto gigante nel mezzo, le illustrazioni, i testi, il booklet, tutti più grandi e curati, permettono di goderne appieno. E poi ci sono vinili colorati o trasparenti, spesso in deluxe edition con una serie di gadget, magari autografati, che mandano in visibilio fan e collezionisti. A proposito: il collezionismo è un settore di questo specifico mercato da non trascurare. Parlare di una ristampa è come offrire un bicchiere di vino da discount a un appassionato di Barolo: un insulto. La prima edizione, magari quella in tiratura limitata, è l’unica da avere. Alcuni nemmeno la aprono, tenendola sigillata come un oggetto di culto, e non necessariamente nella speranza di venderla. Dei dischi, poi, bisogna prendersi cura: attenzione ai graffi, buste di plastica per non rovinare la copertina e le puntine del giradischi da sostituire.

Impianti hi-fi che, al pari dei vinili, stanno tornando nelle case degli italiani: fino a trent’anni fa erano un must in ogni appartamento, il perfetto regalo di matrimonio. Poi sono finiti nelle cantine o nei mercatini dell’usato. Ma ora, per far girare quel vecchio cerchio nero e godere della musica, servono.

comments powered by Disqus