La mamma che aiuta le neomamme Un lavoro per Francesca Gaviraghi

di Chiara Turrini

Una gioia, la nascita di un bambino. Famiglie festanti, fiocchi appesi all’uscio, le visite e i regali degli amici. Quando però finisce l’entusiasmo collettivo dei primi giorni e, spesso, anche il congedo parentale del papà, ecco che la mamma si trova sola a fare i conti con il suo neonato. Perché se un tempo la rete familiare - quella fatta da nonni, zii, cugini - era ampia e rappresentava un porto sicuro in quanto a consigli, esperienza e supporto, oggi la società è cambiata: i nonni lavorano fino a tarda età, oppure vivono in altre città, il paese non è più una comunità di mutuo aiuto. E tuttavia bisogna, in ogni caso, portare avanti la casa, le faccende, la burocrazia e a volte il lavoro mentre ci si prende cura del frugoletto bisognoso di mille attenzioni. «Questo rischia di offuscare la gioia di diventare mamme, perché si è da sole e stanche ad affrontare giornate in cui non si ha neanche il tempo di farsi una doccia. Diventare mamma è un viaggio bellissimo ma difficile, ed è meglio farlo accompagnate. So cosa significa perché lo ho vissuto sulla mia pelle».

Francesca Gaviraghi ha 46 anni ed è nata e cresciuta tra la Brianza e Milano. Da dieci anni, per amore del marito trentino, si è trasferita a Sant’Orsola, in Val dei Mocheni, «il più bel posto per crescere i miei due figli» dice. Francesca, da un anno, è una «MamAssistant», formata per accudire chi a sua volta deve accudire, ossia offrire un sopporto concreto quotidiano alle neomamme. Questo profilo è nuovo in Italia, ma nel Nord Europa è una realtà strutturata che esiste da anni.
«Non sono una figura sanitaria, né una consulente dell’allattamento, tantomeno una sostituita dei nonni o delle babysitter - chiarisce Francesca - Il mio ruolo è quello di aiutare la neomamma a ritrovare la normalità di prima del parto». La prima cosa da fare nel lavoro di Mamassistant è creare una relazione di fiducia con la neomamma, cioè conoscersi - dice - parlarsi, capire le esigenze e creare l’empatia necessaria a condividere momenti delicati come la cura di un neonato.
«E poi si lavora sulle piccole cose, dal fare la spesa alle faccende domestiche. A volte anche solo fare due chiacchiere davanti a una tisana o condividere una passeggiata, perché la casa, dove una neomamma tende a dover stare anche per periodi lunghi, può essere accogliente ma anche diventare una prigione».  

La nuova professionalità di Francesca come Mamassistant è frutto della combinazione tra caso e destino. Francesca è mamma di due bimbi partoriti e cresciuti senza l’aiuto della famiglia di origine, rimasta in Lombardia. «Però avevo qualche difficoltà con la mia secondogenita. Mio marito lavorava e allora mia madre si è trasferita per qualche tempo in Valle, con lo scopo di aiutarmi. Non mi sembrava vero di avere, grazie al suo supporto, il tempo di farmi una doccia, di togliermi il pigiama, di vestirmi! E in quei momenti mi è germogliata l’idea di aiutare mamme che come me si erano trovate in situazioni di bisogno dopo il parto».
Il lavoro di Francesca è stato per anni quello di impiegata, ma lo scorso anno, rimasta disoccupata, ha capito che era il momento giusto per rendere concreta la vocazione scaturita durante le sue esperienze di maternità.
Così, lo scorso anno, il corso di formazione a Milano, per cinque mesi tutti i weekend, e ora la pagina Facebook «Aiuto Neomamme Trentino» dove Francesca fa conoscere il suo servizio, che svolge nella zona che comprende la Valle dell’Adige, il Pinetano, la Val dei Mocheni e Valsugana. Oggi la Mamassistant offre il suo servizio in «pacchetti» che costano poco più di una babysitter. 

«Le situazioni sono le più diverse - spiega - posso supportare una mamma al primo figlio, o con più bambini, una neomamma di due gemelli, ogni situazione è a sé. Ci sono coppie o famiglie che sanno di aver bisogno di aiuto e si prendono per tempo, mi cercano per capire cos’è una Mamassistant, mentre altri provano a farcela da soli, accorgendosi poi della necessità di un supporto».
Chiedere aiuto, sottolinea, è fondamentale. Perdere il sonno per le poppate, lavare il piccolo, cambiarlo, cullarlo: un neonato rivoluziona la vita di una donna, e i primi tempi sono sempre i più duri. «Non tutte riescono, per pudore, a farsi avanti per richiedere un sostegno - continua la Mamassistant di Sant’Orsola - perché c’è quasi un senso di vergogna, sembra un ammettere di essere incapaci o inadeguate. Invece l’unica cosa da ammettere è che per la maternità non c’è nessuna ricetta, nessun manuale». Oggi siamo tutti un po’ più soli in questa società «social», quindi, va avanti Francesca, invece di vergognarci di chiedere una mano dovremmo gioire di avere a disposizione un servizio.

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