Nove miliardari su dieci sono uomini

I salari non hanno mantenuto il passo con la produttività e il lavoro vale sempre meno: con il rischio di un avvitamento dovuto al ricorso al credito non garantito, come è accaduto nella crisi del 2008. E' l'allarme contenuto nel rapporto Oxfamsulla ricchezza che quest'anno sceglie di focalizzare all'attenzione proprio sulla necessità di "ricompensare il lavoro, non la ricchezza". I dati indicano come ad un costante incremento dei profitti di azionisti e top manager corrisponde un peggioramento altrettanto costante dei salari e delle condizioni dei lavoratori. Con una discriminazione che - come dimostrano anche gli ultimi dati dell'Onu - diventa ancora più acuta per le donne

Oxfam ha messo a punto dei confronti che consentono di comprendere meglio. Il primo riguarda la remunerazione della ricchezza nel settore dell'abbigliamento. Nel 2016 i primi cinque marchi del settore hanno pagato agli azionisti dividendi per 2,2 miliardi di dollari: basterebbe un terzo di questi denari per dare un salario dignitoso ai 2,5 milioni di vietnamiti impiegati nello stesso settore, le cui storie sono raccontati in una video inchiesta della Ong. 

Bisognerebbe - suggerisce Oxfam nelle proposte inviate ai governi - incentivare modelli imprenditoriali che adottino politiche di maggiore equità retributiva e sostengano livelli salariali dignitosi, fissando anche livelli minimi. Ma anche qualche tetto. Il rapporto tra la paga di un top manager e un suo dipendente non dovrebbe superare 'mai' la quota di 20 a 1. Ora invece non è così. 

Nel Regno Unito i manager esecutivi delle prime 100 compagnie quotate percepiscono 130 volte lo stipendio di un dipendente. Negli Usa, invece, si calcola che un amministratore delegato possa percepire in poco più di un giorno una cifra pari al reddito medio che un lavoratore della sua stessa compagnia percepisce in un anno. Ma, nel lavoro, c'è una categoria ancora più bistrattata. E' quella delle lavoratrici.

Le donne subiscono in media un divario retributivo del 23%, spiega Oxfam rilanciando l'allarme dell'Onu. E questo vale per tutte le fasce di ricchezza se si pensa che 9 miliardari su 10 sono uomini.

Secondo la classifica Forbes dei billionaire la prima donna in classifica nel 2017 era Liliane Bettancourt, la fondatrice dell'Oreal, scomparsa a 94 anni. Al secondo Alice Walton la sola figlia del fondatore della catena di grande distribuzione Wal-Mart (è 17/ma).

Inoltre sono le donne a subire le maggiori vessazioni. "In ogni parte del mondo abbiamo raccolto testimoniane di donne schiacciate dall'ingiustizia e dalla diseguaglianza - racconta Maurizia Iachino, presidente italiana di Oxfam - In Vietnam le lavoratrici del settore abbigliamento non vedono i loro figli per mesi, per via delle lunghissime giornate lavorative. Negli Usa abbiamo scoperto che alle lavoratrici dell'industria del pollame non era consentito andare in bagno ed era imposto di indossare i pannolini".
E in Italia? Nel 2016 le donne rappresentavano appena il 28,4% dei profili dirigenziali e, nel global gender gap del Wef, che misura i divari uomo-donna, l'Italia è solo all'82mo posto su 144 Paesi. Certo non è il Bangladesh dove il top manager di una delle prime cinque compagnie dell'abbigliamento guadagna in 4 giorni quando una sua lavoratrice in una intera vita, ma è un dato che dovrebbe far riflettere per un Paese che si fregia di essere tra le prime sette-otto economie del mondo. 

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