Il giro del mondo in 365 giorni: l'incredibile avventura di Nicoletta Crisponi

di Matteo Lunelli

Il giro del mondo, non in ottanta giorni ma in trecentosessantacinque. Un intero anno toccando India, Sri Lanka, Cina, Giappone, Australia, Argentina, Stati Uniti, Madagascar, Norvegia, Islanda (e saltiamo alcune tappe perché la lista è veramente lunghissima): un sfida e un lavoro, un sogno che si realizza e un'opportunità per il futuro. La protagonista, la moderna Phileas Fogg, è Nicoletta Crisponi, di Cavalese, classe 1986. 

Un mix di intraprendenza, coraggio, determinazione, preparazione e, ovviamente, un pizzico di follia. Alla base della partenza c'è una considerazione. «Facebook ha dimostrato che grazie ai social network i gradi separazione sono scesi da sei a tre: questo vuol dire che essere collegati ad altre persone è molto più semplice e immediato. Allora mi sono chiesta: se siamo davvero tutti così connessi, allora non dovrebbe esser difficile riuscire a fare il giro del mondo grazie all'aiuto degli amici o degli amici di amici».

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Così Crisponi inizia a pensare a un progetto. Molla il lavoro a tempo indeterminato e per sette mesi studia, organizza, contatta, progetta. Nasce così «Il filo di Nicky», un blog di viaggio, un'idea che diventa un'avventura vera, non certo virtuale. Nascono la pagina Facebook (Il filo di Nicky), il profilo Instagram (@nicolettacrisponi), il canale YouTube (Nicoletta Crisponi) e il sito internet (ilfilodinicky.com). Dopo aver posto le basi, il 27 dicembre scorso c'è un aereo alla volta dell'India e un passaporto con pagine che attendono nuovi timbri («L'itinerario non è sicuro al 100% ma penso di riuscire a conquistare più di trenta Paesi e tornerò per trascorrere il Natale 2017 con i miei genitori»). 

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In ogni angolo del mondo ad aspettare la viaggiatrice ci saranno amici e amici di amici, pronti a trascorrere del tempo con lei, a ospitarla, a fare da guida, ad accompagnarla nella scoperta. Ovunque, per i prossimi 365 giorni. Organizzare l'intervista con la «regina dei social» è semplicissimo: prima un messaggio su Facebook e poi, visto che la connessione nello Sri Lanka (dove si trova in questi giorni) va e viene e lo smartphone non prende benissimo, ecco l'idea. «Messaggi vocali su WhatsApp?», propone. E allora addio all'antiquato telefono o alla mail e si sdogana l'intervista intercontinentale social: semplice intraprendenza e capacità di risolvere i problemi, caratteristiche ovviamente femminili, e non nuova frontiera del giornalismo.

Chi è Nicoletta Crisponi? Dove nasce questa passione per l'avventura?
«Sono nata e vissuta a Cavalese, dove ho studiato al Liceo Linguistico. A 17 anni, zaino in spalla, ho fatto il primo viaggio tra le montagne del Trentino Alto Adige, muovendomi in corriera. In quegli anni andavo quasi tutti i giorni da una signora belga che abita a Soraga e che faceva ripetizioni di francese: grazie a lei sono stata in Belgio, come ragazza alla pari».
Poi l'università: dove?
«Ho fatto la triennale a Como in design dell'arredo e poi la specializzazione a Milano in design dei servizi. Non contenta ho frequentato anche un master in organizzazione d'impresa. Nel frattempo ho iniziato a lavorare come free lance e ho svolto tre tirocini, uno a Milano, uno a Bruxelles e uno a New York».

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Quello newyorkése, in realtà, ha rappresentato anche il primo segnale di intraprendenza, giusto?
«Il progetto era "One kiss for NY", un flash mob che mi ha permesso di vincere una borsa di studio del Politecnico di Milano, di andare nella "Grande Mela" a scrivere la tesi di laurea e di finire su quotidiani e telegiornali di tutta Italia. Si trattava di una distribuzione di baci, 500 in sei ore di tempo, in piazza Duomo a Milano, per parlare delle relazioni nei cosiddetti "non luoghi". L'idea è piaciuta molto, e ancora oggi alcuni mi riconoscono come la ragazza dei baci».
Proseguiamo: dopo gli studi il lavoro.
«Ho sempre lavorato durante l'università, ma poco prima di Expo ho firmato un contratto per sei mesi con un'agenzia di eventi e comunicazione. Poi me l'hanno rinnovato, trasformandolo in un indeterminato. Però qualche mese fa mi sono licenziata per seguire l'idea del "Filo di Nicky"».

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Ha nostalgia delle montagne trentine? Torna ogni tanto?
«Torno per trovare i miei genitori e le montagne le apprezzo sempre di più. Magari un giorno, quando avrò dei figli, lascerò Milano e tornerò a vivere a Cavalese».
Senza togliere nulla all'aspetto romantico del viaggio, una domanda sulla questione economica: come si fa a viaggiare un anno?
«Grazie alla rete social si riesce a risparmiare e poi ho qualche sponsor. Il principale è Huawei, che racconterà il mio viaggio nella propria campagna "Make it possibile" e mi ha fornito la tecnologia per poter lavorare durante il giro del mondo».
Ma perché organizzare un progetto come questo? Qual è l'obiettivo?
«L'obiettivo è che il mio sito diventi un punto di riferimento per i viaggi e che mi dia modo di continuare a viaggiare, rendendo questa mia passione un lavoro vero e proprio che mi permetta di guadagnare e vivere, raccontando esperienze, culture, tradizioni e rendendole utili per tutti. Ma devono essere esperienze autentiche, a contatto con la natura, diverse da quelle che si trovano in una normale guida turistica».
Questo viaggio possiamo definirlo di lavoro?
«Decisamente, è un lavoro. Ogni giorno raccolgo appunti, scrivo il blog, pubblico foto e video sui canali social, mi tengo in contatto con gli sponsor per aggiornarli sugli spostamenti, curo il sito...».
Rilascia interviste con i messaggi vocali su WhatsApp...
«Anche, esattamente. Diciamo che non faccio propriamente la vita della normale turista, anzi. Poi devo programmare le prossime tappe. Anzi, ad aprile o maggio, su una nave tra Giappone e Australia, incontrerò una ragazza della val di Fassa che sta girando il mondo».
Straordinario: Fiemme e Fassa che si incontrano nell'Oceano grazie a due ragazze. Ci aiuterà a contattarla e intervistarla?
«Volentieri: lei è una mia ex compagna del liceo e quando la vedrò le proporrò l'intervista».

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Queste prime tre settimane di giro del mondo come sono andate?
«Decisamente bene. Ho partecipato al Rickshaw Challenge, una gara di 950 chilometri da affrontare in risciò, che sul blog ho definito molto speziata, molto colorata, molto sporca e molto intensa. Poi ho visitato un centro di accoglienza per elefanti abbandonati, ho nuotato nella barriera corallina, ho visto siti archeologici, ho dormito in una casa su un albero diventata un Airbnb e mangiato prodotti tipici. Ma soprattutto ho conosciuto persone, ho condiviso con loro un'esperienza, una parola, un tratto di strada».
Allora buon giro del mondo. E per chi vorrà seguirla nella sfida ci sono, ovviamente, i social network, che, sapendoli sfruttare, possono essere anche un'opportunità.

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