Ora di religione a scuola: iscrizioni in calo

di Matteo Lunelli

Un calo, lento ma costante: un numero sempre maggiore di studenti non frequenta le ore di religione a scuola. Nell’anno scolastico in corso sono 10.404 ragazzi, per una percentuale del 16,03%. Un dato che diventa ancora più visibile se si va indietro nel tempo: nel 1986 appena 2,28% (1.345 studenti) diceva di no all’insegnamento della religione in classe. Poi la percentuale è aumentata: 5,27% (2.810) nel 1996, 10,18% (6.352) nel 2006 e 14% (9.054) nel 2012. In media più di mezzo punto percentuale all’anno. Resta il fatto, comunque, che quasi l’84% degli studenti trentini si avvale dell’ora di religione.

Numeri freddi, che vanno interpretati, capiti e approfonditi, dandone una lettura sociologica. La prima considerazione è la più ovvia: il tessuto sociale è cambiato tantissimo, con l’arrivo di tanti studenti stranieri, che in molti casi professano religioni differenti da quella cattolica e quindi non si avvalgono dell’ora di religione.

Ma i dati dicono che, al netto dei non italiani, la percentuale di non frequentanti è cresciuta negli ultimi trenta anni circa del 4% nelle primarie (che chiameremo, «alla vecchia», elementari) e del 10% nelle secondarie di secondo grado (che chiameremo superiori). Inoltre una buona fetta degli stranieri (sono 8.098 su 64.886 studenti totali) che frequentano le scuole in Trentino partecipano alle lezioni di religione: sono il 43% alle elementari, il 41% alle medie, il 36% alle superiori e il 33% alla formazione professionale.

I dati, restando sempre nell’ambito delle differenze culturali e di persone non nate in Italia, non sono omogenei sul territorio provinciale e andrebbero incrociati con quelli riguardanti i flussi migratori: in val di Cembra, ad esempio, dove arrivarono i primi immigrati che lavoravano nelle cave provenienti soprattutto dal nord Africa, Marocco e Tunisia in primis, ci fu un boom di iscrizioni di bambini stranieri. Oggi, con la crisi del porfido, gli immigrati in quell’area sono meno, con ripercussioni anche sui dati riguardanti la scuola e la religione.

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Oltre alla provenienza esistono almeno altri tre fattori: uno culturale, uno geografico/territoriale e uno didattico. Per quanto riguarda il primo, rispetto a trenta anni fa molti genitori preferiscono non iscrivere il figlio alle ore di religione: alle elementari nel 1986 solo l’1% non si avvaleva, mentre nel 2016 la percentuale è salita al 13%.

Passando al secondo fattore, i dati risultano molto diversi a seconda della zona del Trentino presa in considerazione: in generale si può affermare che la quasi totalità dei bambini delle aree più periferiche e isolate (elementari soprattutto ma anche medie) frequenta le ore di religione. Leggasi: rispetto delle tradizioni.

Nei centri urbani si tende a iscrivere di meno i figli o ad autoiscriversi di meno, se consideriamo che alle superiori la scelta diventa molto spesso autonoma dello studente. Anche l’estrazione sociale, ovviamente, ha un peso. Infine il terzo fattore, che abbiamo definito didattico. In primis a volte la decisione viene presa in base al numero di ore che prevede il singolo piano di studi: negli istituti professionali, ad esempio, ci sono più ore settimanali totali di frequenza rispetto al liceo, e quindi «approfittare» di almeno una fuori dalla classe può essere un motivo sufficiente per non avvalersi.

Capitolo docenti: anche la presenza di un insegnante, per motivi personali, poco gradito può essere sufficiente per non iscriversi. Questo anche per sottolineare come in questo report statistico, curato nei minimi dettagli da Ruggero Morandi, la voce «non avvalentesi» non sia necessariamente sinonimo di contrarietà allo studio della religione.

ECCO IL REPORT COMPLETO:

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