Provare le scarpe in negozio costa 10 euro Tutta colpa della concorrenza web

di Giuseppe Fin

Negozi fisici e shop online sono sempre più complementari nelle abitudini di acquisto e continuano ad aumentare le persone che praticano lo «showrooming» e cioè la ricerca in negozio per poi effettuare l’acquisto online. Si preferisce vedere e toccare con mano i prodotti prima di acquistare e ormai tutti sanno che spesso online è possibile trovare  lo stesso prodotto ad un prezzo inferiore.

Una sorta di nuova moda che se in passato non portava alcun problema, ora che ormai tutti possiedono un computer o uno smartphone per andare su internet, la cosa è diventata più veloce e ampia.

Il negozio tradizionale, si trova quindi a svolgere sempre più spesso  un ruolo che poi favorisce i suoi concorrenti magari in un’altra nazione. Tutto questo ha iniziato ad impensierire i commercianti. Se alcuni, al momento «subiscono» la moda, altri invece cercano di stare al passo con i tempi. È il caso del punto vendita «Cadin Sport» che si trova in via Palermo, il negozio che offre prodotti sportivi tecnici specializzato dalle calzature all’abbigliamento e altri accessori per vari tipi di sport.

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La decisione da parte dei titolari del punto vendita è stata quella di esporre la merce con una doppia etichetta in cui viene fatto conoscere il prezzo di listino e quello del web. Accanto a questi viene messo il costo prova di 10 euro. Chi decide di provare un paio di scarpe tecniche, chiedendo una consulenza  sulla qualità e sulle specifiche del prodotto, e alla fine decide di non acquistarle subito, paga 10 euro di consulenza.

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Gli viene rilasciato una sorta di buono che varrà 30 giorni entro i quali potrà tornare in negozio a prendersi le scarpe a costo web senza pagare nulla di più.

«Questo sistema - ci ha spiegato Giorgio Cadin - lo si trova già in alcuni negozi in Alto Adige. Io non l’ho copiato ma lo abbiamo adottato perché  avevamo l’esigenza di tamponare un’emergenza. Nel senso che noi purtroppo avendo un prodotto codificato e ben raggiungibile e indentificato come le scarpe tecniche, abbiamo fatto il calcolo che ormai un atleta su cinque, soprattutto di basket o di volley, veniva, provava, ascoltava un nostro parere tecnico e faceva tutte le domande che voleva. Poi scattava una foto alla scarpa o all’etichetta con la scusa magari di mostrarlo ad un amico o alla fidanzata e la scarpa veniva infine acquistata sul web».

GIUSTO O SBAGLIATO? VOTA IL NOSTRO SONDAGGIO

Un comportamento, questo, che negli ultimi tempi è aumento e, ci dicono i responsabili di Cadin Sport, «era diventato troppo frequente».  «Mettiamo a disposizione - hanno spiegato i responsabili di Cadin - la nostra esperienza e la nostra competenza. Consigliamo, se richiesto, il modello più adatto in relazione a diverse specificità dell’atleta oltre la possibilità di toccare con mano le calzature.  Tutto questo con un minimo contributo di 10 euro per fare poi il miglior acquisto. In caso dell’acquisto successivo della calzatura nel nostro negozio, presentando il buono del contributo entro 30 giorni, si potrà acquistare la calzatura a prezzo web store».


 

«IN TRENTINO SIAMO MOLTO INDIETRO»

«Il commercio via internet non è il futuro, ma è un presente ormai consolidato». Mauro Paissan, vice presidente di Confesercenti del Trentino, sulla questione negozi fisici e online ha le idee chiare. La concorrenza, anche a Trento, non è dell’attività commerciale che apre vicino alla propria, ma si chiama Zalando o Amazon.

Paissan, come si contrastano questi colossi online?

«Si tratta di fenomeni che non possono essere contrastati, sarebbe anacronistico. Bisogna adeguarsi e capire come poter continuare a fare la propria parte, quali sono i punti di forza del negozio fisico che bisogna promuovere. Non serve allarmarsi, ma bisogna rimboccarsi le maniche e muoversi».

Qual è una possibile soluzione?

«Il modello futuro, secondo me, è riorganizzarsi con un sistema ibrido, misto: ovvero avere delle vetrine virtuali accanto al negozio. Questa integrazione non è una soluzione, ma un passo da fare. Diciamo che la relazione a quattr’occhi con il cliente va completata con quella digitale. Zalando non può sfruttare la forza del rapporto diretto. E, per fare un esempio, quando un cliente è seduto in un negozio di scarpe con addosso una paio di prova, non bisogna farselo scappare: per dieci euro di differenza non scapperà se la varietà dell’offerta, la spiegazione, la competenza, la gentilezza riusciranno a essere efficaci».

Quanto conta il prezzo? Online si trova praticamente tutto a costi minori rispetto al negozio. E spesso con più varietà di scelta.

«Molti scelgono per il prezzo, ma non credo sia l’unica discriminante. Diciamo che si compra anche per il prezzo».

Qual è il livello di consapevolezza del cambiamento in Trentino?

«Pare strano, visto che il nostro territorio è sempre avanti in tantissimi aspetti rispetto all’Italia, ma direi che siamo molto indietro per quanto riguarda il tasso di alfabetizzazione digitale. Non siamo al passo con il mercato. I numeri dicono che a livello nazionale siamo in fondo alla classifica delle imprese che commerciano via internet: nel 2016 saranno quasi 16 mila in Italia (165% in più rispetto al 2009) e da noi sono circa 250».

Se il tasso è basso tra i commercianti, forse la loro «salvezza» è che lo sia anche tra i cittadini. Mi spiego: la fortuna è che tanti non conoscono le possibilità che ci sono online e per questo i negozi sopravvivono. Può essere vero?

«Senza dubbio, verissimo. Ci sono in campo tre generazioni: diciamo che nonni e genitori, le persone dai 50 in su, mantengono determinate abitudini di acquisto. Ma tra non molto tempo subentreranno altre generazioni: un ragazzino che oggi ha dieci o quindici anni dove comprerà il telefonino, i jeans o le scarpe? Diciamo che se la nostra categoria vuole restare competitiva sul mercato deve sfruttare il tempo che manca per il cambio generazionale».

I primi effetti, però, si vedono: comprare un disco o un cd in città è sostanzialmente impossibile visto che i negozi di musica sono tutti chiusi. Colpa di Amazon?

«Anche. Ma qualcuno sarebbe potuto sopravvivere nonostante Amazon con un approccio e un’offerta differente».

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