Scatta la rivoluzione per la caccia in Trentino

Scatta la rivoluzione nella gestione della caccia in Trentino, con due provvedimenti approvati oggi pomeriggio nel corso di una seduta straordinaria di giunta. La novità più importante riguarda la soppressione del Comitato faunistico, l’organismo che fino ad oggi si occupava di stabilire piani di prelievo e le prescrizioni tecniche dell’attività venatoria, e del quale facevano parte esponenti del mondo ambientalista, cacciatori e Parco naturale Adamello Brenta, oltre che dirigenti provinciali competenti.

La decisione, che era nell’aria, aveva già provocato la furibonda reazione delle associazioni ambientaliste e animaliste.

Un secondo provvedimento riguarda invece l’impianto sanzionatorio. Ma partiamo dal primo punto, il più controverso.

La soppressione del Comitato faunistico arriva attraverso un regolamento di semplificazione. «Lo scopo - spiega una nota della giunta - da un lato, è di semplificare l’adozione dei provvedimenti, perseguendo l’obiettivo di razionalizzazione e contenimento delle spese» e, dall’altro, «di migliorare, adeguare e innovare il ruolo di partecipazione e di supporto alle decisioni amministrative dei differenti portatori di interesse in un ambito così importante quale è quello della gestione venatoria».

Il Comitato faunistico provinciale lascerà il posto a un tavolo faunistico provinciale «per assicurare l’informazione, la partecipazione e il raccordo tra la Provincia e i soggetti coinvolti nei vari aspetti della gestione faunistica, anche ai fini della programmazione delle iniziative e degli interventi per la tutela del patrimonio faunistico e per l’esercizio della caccia».

Per quanto riguarda le competenze fino ad oggi esercitate dal Comitato, esse «passano all’osservatorio faunistico provinciale, alla Giunta provinciale ed alla struttura competente in materia di fauna selvatica, a seconda della rilevanza e della valenza del provvedimento stesso. Ad esempio, l’espressione dei pareri è trasferita in capo all’osservatorio faunistico provinciale, organo di consulenza tecnico-scientifica della Provincia in materia di tutela della fauna, opportunamente ridefinito nella composizione, l’approvazione delle prescrizioni tecniche per la caccia alla Giunta provinciale mentre l’approvazione dei programmi di prelievo, unitamente ad una serie di autorizzazioni aventi una natura prettamente tecnica, viene affidata alla struttura competente in materia di fauna selvatica, sentito il parere dell’osservatorio».

C’è poi il disegno di legge sull’impianto sanzionatorio.

Vengono innanzitutto ridefiniti gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie convertendo in euro i relativi importi, con una maggiorazione di circa il 20%.

Cambia anche la disciplina della sospensione del permesso annuale di caccia o del permesso d’ospite annuale che si accompagna in automatico alle sanzioni penali ed amministrative: «Si prevede, infatti, che la sospensione del permesso annuale di caccia e del permesso d’ospite, fino ad oggi disposta discrezionalmente entro il limite temporale massimo di tre anni, si applichi in misura predeterminata ad una serie prefissata di violazioni commesse nell’esercizio della caccia, riducendo il carico amministrativo ed eliminando il contenzioso dinanzi alla Giunta provinciale. In tal modo, saranno sanzionate con la sospensione del permesso annuale di caccia e del permesso d’ospite, anche fino a 5 anni, le violazioni più significative e più gravi che possono essere commesse nell’esercizio dell’attività venatoria, come le sanzioni penali e le sanzioni amministrative più importanti (a titolo di esempio, la caccia in periodo di divieto, con mezzi vietati, a specie protette, in luoghi ove la caccia è vietata, l’uccellagione, la caccia senza polizza di assicurazione, la caccia in violazione degli orari consentiti, la caccia in violazione alle prescrizioni tecniche per omissione della denuncia di abbattimento, della denuncia di uscita o in violazione della disciplina di accompagnamento)».

Per contro, la previsione della sospensione viene soppressa, rispetto alla disciplina vigente, relativamente a violazioni di minor impatto e aventi più che altro carattere formale.

Viene introdotto il raddoppio del periodo di sospensione del permesso in caso di recidiva entro i cinque anni dalla prima violazione (con elevazione del periodo massimo potenziale di sospensione a 10 anni).


 

REAZIONI

«Il Comitato non può essere soppresso così, da un giorno all’altro» tuona il presidente della Lipu Sergio Merz, ex membro di questo organismo, che aggiunge: «La Provincia sta facendo tutto sottobanco, ma avevamo capito che c’era sotto qualcosa dato che a tre mesi dall’inizio della nuova legislatura non erano stati nominati i nuovi membri del Comitato». Il timore di Merz è che questa iniziativa punti a favorire le doppiette trentine: «All’interno dell’attuale maggioranza ci sono almeno due cacciatori: il presidente dei capannisti Roberto Paccher (Lega) e Vanessa Masè (Civica). Qualora la questione venisse gestita interamente dalla politica, sappiamo chi ne trarrebbe i maggiori vantaggi. È assurdo che la fauna selvatica diventi una materia politica, estromettendo tecnici e ambientalisti».

Il numero uno della Lipu annuncia dunque di essere pronto allo scontro: «Pensiamo ad un referendum, alla luce del fatto che il 70-80% della popolazione nazionale è contraria alla pratica della caccia. Alla nuova amministrazione provinciale va il merito di essere riuscita nell’impresa di riunire tutte le associazioni ambientaliste e animaliste, che faranno fronte comune. Non ci eravamo mai riusciti».

Entusiasta dell’ipotesi di mandare in pensione il Comitato faunistico è invece il presidente dell’Associazione cacciatori Stefano Ravelli: «La nostra associazione è favorevole a questo intervento da parte della Provincia, in quanto va nell’ottica di semplificare la gestione della caccia. Si tratta tra l’altro di una proposta che noi stessi avevamo avanzato in passato: il Comitato ha infatti una composizione complessa e per questo rende difficile il confronto». Ravelli non esclude comunque di proseguire il dialogo (anche con gli animalisti) in altra sede: «Il confronto con i tecnici di Piazza Dante è pressoché quotidiano, per questo riteniamo che non ci sia la necessità di promuovere ulteriori discussioni all’interno del Comitato, dove le decisioni vengono comunque assunte a maggioranza. Portiamo piuttosto il confronto tra i portatori d’interessi ad un tavolo diverso».

Il presidente della Pan Eppaa Adriano Pellegrini allarga le braccia e sentenzia: «Questa è una grande porcata. Per lo meno un tempo c’era la possibilità di mettere a confronto le due anime della società, con opposte finalità. Oggi invece si vuol affidare la gestione della fauna alla politica, e questa è una cosa ignobile. Quando mai la politica, anche della cosiddetta sinistra, non ha favorito il mondo venatorio?». L’intenzione, anche in questo caso, è di raccogliere le firme per una consultazione popolare.

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