Dal morbillo all’herpes. le malattie «umane» attaccano i delfini

Anche i delfini sono vittime di malattie tipicamente «umane», dal morbillo (anche se di un ceppo diverso) alla salmonella, che arrivano in mare con le esondazioni e con l’inquinamento. La causa principale di morte dei delfini, trovati spiaggiati sulle nostre coste, è infatti di origine infettiva, e in particolar modo dovuta al virus del morbillo, di un ceppo comunque diverso da quello umano. Ma non solo. A influire negativamente anche l’inquinamento dei nostri mari, che provoca immunodepressione sui delfini, rendendoli più esposti anche a infezioni provenienti da agenti terrestri.

È quanto è emerso dal convegno «Rischi emergenti per la salute dei cetacei in Italia», che si è svolto al Galata Museo del Mare di Genova, organizzato dal Centro di referenza nazionale per le indagini diagnostiche sui mammiferi marini spiaggiati (Credima). «Abbiamo potuto rilevare la presenza di un nuovo ceppo del virus del morbillo - spiega Cristina Casalone, del Credima - proveniente dell’Atlantico, molto più aggressivo sui nostri animali che non hanno ancora sviluppato gli anticorpi adeguati. Ma quello che ci ha stupito di più, è stata la presenza di agenti terresti, come la salmonella, l’herpes o il toxoplasma». Ma la presenza negativa dell’uomo si fa sentire anche in altri modi, meno diretti: «L’immunodepressione sui delfini, causata anche dall’inquinamento, è una porta di ingresso anche per altre infezione da agenti terresti che arrivano in mare a seguito delle esondazioni, delle alluvioni. Dobbiamo tenere alta l’attenzione, e soprattutto dobbiamo tutelare e preservare di più il nostro mare Mediterraneo, anche per la salute dei nostri cetacei».

Dai dati presentati, risulta che nell’anno passato in Italia si sono spiaggiati 212 cetacei, in prevalenza delfini. Gli eventi si sono verificati principalmente nelle aree del mar Tirreno centrale, mar Ligure e nel mar Adriatico centro-settentrionale. L’obiettivo di Credima è quindi quello di porre l’attenzione sullo stato di salute dei cetacei che vivono nei nostri mari, ma sopratutto discutere i risultati ottenuti fin’ora, e cercare di aumentare la rete di sorveglianza per intervenire in maniera multidisciplinare quando si verificano spiaggiamenti anomali.

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