Troppe mountain bike sui sentieri in montagna L'affondo di Deflorian: «Divieti solo sulla carta»

di Andrea Bergamo

Passaggio del testimone al vertice della Commissione sentieri della Sat. Al presidente uscente Tarcisio Deflorian, che ha guidato il gruppo dal 2009 fino a pochi giorni fa (aveva ricoperto la stessa carica per un decennio negli anni Novanta), ora succede Ivo Ceolan, persona nella quale l’intera Sat ripone la propria fiducia per la sua competenza.
Il cambio a metà mandato era previsto da tempo: «Tutti sapevano di questo avvicendamento per consentire un ricambio e darmi modo di collaborare maggiormente con la struttura operativa del Cai nazionale che si occupa di sentieri e cartografia», riferisce Deflorian, che continuerà a far parte della commissione come consigliere.

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Il suo impegno in Trentino certo non finisce qui, sia sul fronte della formazione sia su quello della divulgazione online di dati sui tracciati in quota, oltre che attraverso la collaborazione alla stesura dei volumi sui sentieri del territorio (in aprile uscirà il testo dedicato ad Presanella, Adamello e Brenta).

Ma la sfida che ormai è diventata per Deflorian una missione è combattere l’idea che la montagna possa diventare un parco dei divertimenti: «Serve prestare maggiore attenzione per favorire la convivenza tra escurionisti e biker nel rispetto dell’ambiente in quota», sono le sue parole. Quello dei sentieri è infatti un patrimonio che va salvaguardato e richiede non poco lavoro per la sua manutenzione.
Sono 1.200 i volontari Sat (aumentati di 300 unità negli ultimi 5 anni) impegnati proprio sul fronte della cura dei tracciati che contano una lunghezza totale di oltre 5.500 chilometri.

«Dieci anni fa riuscivamo ad effettuare la manutenzione sul 40% della rete ogni anno, mentre nel 2016 abbiamo lavorato sul 70% dei tracciati, per un totale di 3.700 giornate» spiega Deflorian, secondo il quale è necessario continuare a sensibilizzare i giovani nella cura dei sentieri: «È necessario far capire ai nostri ragazzi che la montagna va vissuta e rispettata. Per questo la Sat coinvolge le scuole promuovendo laboratori specifici e i buoni risultati stanno arrivando».

L’opera di sensibilizzazione sull’uso del territorio viene portata avanti su più livelli. «Non è possibile considerare le montagne come fossero un parco divertimenti a disposizione del turista al quale viene concesso tutto», osserva. Il riferimento è all’utilizzo sempre più frequente delle biciclette (anche elettriche) sui tracciati in quota. «Non tutti i sentieri sono adatti alle mountain bike, tanto che una legge del 2012 stabiliva di individuare una rete di percorsi adatti alle due ruote con caratteristiche ben precise per quanto riguarda larghezza, pendenza e terreno dei senteri da dedicare a questi mezzi».

Peccato che a quattro anni dall’approvazione della norma solo 8 dei 15 ambiti trentini abbiano concluso l’iter e a distanza di tanto tempo non sarebbe stato istituito nemmeno un divieto. «Eppure - è la considerazione di Deflorian - i divieti sono l’unico strumento per regolamentare il transito delle bici sui vari percorsi». Il coordinamento dell’operazione è in capo al Servizio turismo della Provincia, che ha demandato alle Apt l’attivazione dei tavoli di studio con i portatori d’interesse.

«Purtroppo la Sat è vista come un ostacolo allo sviluppo turistico ed economico delle varie aree», commenta Deflorian con un pizzico di amarezza, e aggiunge: «Un centinaio di divieti è stato fissato sulla carta e mai istituito. Il caso più eclatante riguarda la zona dell’Alto Garda, dove nonostante le forti pressioni sono stati indicati 50 divieti, ma a distanza di un anno nessun cartello è stato posizionato. Abbiamo riscontrato qualche difficoltà anche nell’area della Paganella e in val di Non, mentre in val di Fiemme non c’è stato alcun problema».
A differenza dei tracciati pedonali, per i quali va indicato un «soggetto manutentore», nessun obbligo è previsto per chi istituisce un percorso per le mountain bike: «Una discriminazione intollerabile, nonostante l’impatto di questi mezzi sia evidente, visti i solchi lasciati dalle ruote sul terreno» conclude Deflorian.

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