Trivelle nell’Adriatico Rischio come in Tunisia

Il Governo è a conoscenza dell’incidente petrolifero che si è verificato domenica 13 marzo sulle coste delle isole Kerkennah, nella regione di Sfax in Tunisia, a 120 chilometri a sud di Lampedusa? Quali azioni di competenza il governo italiano sta mettendo in atto per monitorare ed evitare che la marea nera, possa arrivare nei mari italiani e nelle vicine coste di Pantelleria, Lampedusa o dell’intera Sicilia? È quanto ci si chiede in un post di M5S Parlamento sul blog di Beppe Grillo.

«Quanto sta accadendo - si legge nel blog - ci ricorda ogni giorno di più l’importanza di superare la società delle fonti fossili, andando verso una nuova economia rispettosa dell’ambiente, come richiesto anche nell’Enciclica «Laudato Sì» di Papa Francesco. Per questo è importante che il prossimo 17 aprile tutti gli italiani si rechino alle urne per votare sì al referendum sulle trivellazioni marine».

Intanto prosegue la battaglia di Greenpeace, che lavora affinché il 17 aprile possa essere raggiunto il quorum con la vittoria dei sì. «Un governo ostile alle rinnovabili. Che le affossa» e lascia che si «perdano investimenti e migliaia di posti di lavoro per favorire le trivelle e le fonti fossili». Questo il quadro che emerge dal rapporto «Rinnovabili nel mirino» pubblicato da Greenpeace sui provvedimenti promossi dall’esecutivo di Matteo Renzi «a sfavore del fotovoltaico e dell’eolico, che hanno già portato a una fuga di investimenti, alla perdita di migliaia di posti di lavoro e a nessun beneficio sulle bollette degli italiani».

Secondo il documento del’associazione «nel 2012 erano entrati in esercizio quasi 150 mila nuovi impianti fotovoltaici, mentre nel 2014, anno di insediamento del governo Renzi, i nuovi impianti entrati in esercizio sono stati appena 722». E le cose «non vanno meglio con i posti di lavoro”: in base a uno studio di Althesys messo a punto per Greenpeace “in Italia entro il 2030 si potrebbero garantire oltre 100 mila posti di lavoro nel settore delle rinnovabili, cioè circa il triplo di quanto occupa oggi Fiat Auto in Italia; al contrario nel 2015 se ne sono persi circa 4 mila nel solo settore dell’eolico».

Motivi, questi, che fanno dire a Greenpeace come «il referendum sulle trivelle del 17 aprile assuma un significato politico». Una vittoria contro le trivelle - osserva l’associazione - sarebbe “una bocciatura delle politiche energetiche del governo Renzi».

Secondo Greenpeace «mentre si tagliano gli incentivi alle rinnovabili, vengono aumentati quelli alle fonti fossili»: il report - citando il Fondo Monetario Internazionale - ricorda che «nel 2014 l’Italia si è piazzata al nono posto in Europa per finanziamenti a combustibili fossili, con 13,2 miliardi di dollari, dato in crescita rispetto ai 12,8 miliardi del 2013».

«L’Italia non attira investimenti in rinnovabili e il motivo non è la mancanza di sole, vento o altre fonti pulite di energia - dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace - ma la strategia di difesa delle fossili dettata dal nostro governo. Renzi è riuscito a ostacolare le energie rinnovabili su tutti i fronti: cambiando in corsa accordi già sottoscritti con lo “spalma-incentivi”, modificando la tariffa elettrica per frenare il risparmio energetico e finendo per causare un aumento delle nostre bollette, bloccando i piccoli impianti domestici».

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