Geremia Gios: i fitofarmaci in agricoltura preoccupano

Domanda secca, diretta: l'agricoltura trentina è davvero sostenibile? Il professor Geremia Gios , dal suo studio di direttore del Dipartimento di economia dell'Università di Trento, risponde prudente: «Osservo che la situazione non è omogenea, che c'è un'agricoltura intensiva su 30 mila ettari: mele, uva, mais, un po' di patate... E poi ci sono 100 mila ettari a prato e a pascolo. Al di fuori dei 30 mila ettari intensivi, si può dire che l'agricoltura delle aree marginali è sicuramente sostenibile...».
E quella intensiva, professore?
«Si potrebbe discuterne...».
Professor Gios, è una risposta un tantino «democristiana»...
«Sì, lo ammetto. È che sto ultimando una ricerca, in corso da tre anni, sulle esternalità positive e negative dell'agricoltura trentina, calcolando i flussi di utilità/benessere che non passano dal mercato, le esternalità su paesaggio, inquinamento, salute, depurazione, biodiversità... Aspettiamo che lo studio sia ultimato».
Intanto, cosa può dire?
«Che si può sicuramente migliorare...».
Lei, di recente, in un incontro organizzato dall'Unione diplomati di San Michele, ha usato toni severi parlando degli effetti sulla salute dell'impiego dei fitofarmaci. Conferma?
«Diciamo che ci sono seri motivi di preoccupazione, soprattutto per le malattie legate alla degenerazione del sistema nervoso. Ma, ripeto, i dati sono in corso di elaborazione».
La Giunta provinciale ha approvato il nuovo regolamento sulle fasce di rispetto nell'uso dei pesticidi. Che gliene pare?
«Una decisione in qualche misura obbligata. Accettabile che si voglia tutelare i luoghi sensibili, ma è difficilmente praticabile: come si fa a fare i trattamenti tra le 22 e le 6 del mattino? Il tutto mi pare un po' cervellotico. Ma soprattutto non viene affrontata la questione vera: la dispersione oltre una certa distanza, per cui la quantità di prodotto nell'aria resta più o meno identica. È un inizio, ma i problemi restano. E il problema di fondo è che in Trentino c'è un'agricoltura di tipo urbano, frammista alla residenzialità. Non siamo in California o nel Midwest degli Stati Uniti».
Da sindaco di Vallarsa, una soluzione l'aveva però trovata?
«Sì, ma va premesso che a Vallarsa abbiamo una situazione di vantaggio: sono poche le coltivazione intensive. Il regolamento prevede tre livelli diversi: produzioni bio, libere; produzioni integrate con un livello "Eiq" (indice di misura dell'impatto ambientale dei fitofarmaci, ndr) sotto una certa soglia; e produzioni integrate sopra soglia: in questo caso, il coltivatore deve pagare una fidejussione a favore del Comune, per dieci anni, a fronte dei potenziali danni alla popolazione. E c'è una sanzione: se uno coltiva sopra soglia e non versa la fidejussione, viene multato con 152 euro ad ettaro per ogni mese».
Funziona?
«Sì. Due comuni in Toscana hanno adottato analogo regolamento, altri lo stanno facendo nelle Marche, in Piemonte, in Veneto... Un regolamento analogo è stato adottato per l'allevamento».
Lo consiglierebbe ai Comuni del «regno» di Melinda o di altre zone a frutticoltura intensiva del Trentino?
«Certo, ma ciò non significa che si debba replicare pari pari. Il regolamento va adattato al contesto. Io, da sindaco, l'ho adottato per tutelare la salute dei cittadini. Quello che dovrebbe preoccupare è il fatto le conseguenze dell'uso intensivo dei fitofarmaci le conosceremo tra 20-30 anni, esattamente come è successo per l'amianto. Quindi, prima si comincia a cambiare, meglio è».
Sapendo che in Trentino, con una agricoltura "urbanizzata", le cose sono più complicate che altrove...
«Certamente. Il mondo agricolo dovrebbe fare proprio l'indice di impatto ambientale e proporsi l'obiettivo di ridurlo, anno per anno. Quindici, vent'anni fa, sono partiti i protocolli d'intesa sulla lotta integrata, avendo come riferimento la tutela dei consumatori. Oggi, la stessa cosa va fatta a tutela dei residenti, dei turisti, dei ciclisti che passano sulla ciclabile. È possibile».

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