I «Cannabis store» trentini contro il ministro Salvini: «Così ci porta alla chiusura»

di Leonardo Pontalti

Quella di Matteo Salvini contro i negozi di cannabis light è «una crociata basata sul nulla, che va oltre il buonsenso». È imbufalito Manuele Melchiorri, titolare di Chacruna, realtà attiva nel campo della canapa legale dal 2003 e che gestisce, oltre al negozio di corso Tre novembre, anche punti vendita a Bolzano e Verona.

«Sì, sono più arrabbiato che preoccupato. Perché credo che la presa di posizione del ministro sia figlia di un momento di difficoltà forse legato al caso Siri, o della scadenza elettorale alle porte a fine mese. Non lo so, quello che è certo è che dire di voler chiudere i negozi specializzati in cannabis light è dimostrazione di superficialità e pressapochismo».

Melchiorri spiega il perché: «Innanzitutto, non credo avrei potuto intraprendere questa attività se si fosse trattato di qualcosa di illecito. Come credo che difficilmente avrei superato indenne i numerosi controlli a cui veniamo sottoposti, regolarmente. Credo infine, soprattutto, che qualsiasi persona ragionevole comprenda come realtà serie, come la nostra, l’illegalità la contrastano, offrendo alternative controllate e prive di contenuto psicoattivo, il consumo di altre sostanze davvero pericolose. Penso alle droghe, ma anche a tabacchi ed alcol attraverso cui, peraltro, lo Stato incassa parecchio. Ed ora ci vengono a dire che vogliono farci la guerra? È inaccettabile».

Meno rabbia e più preoccupazione, affiora invece dalle parole di Ingrid Deltour, che dal settembre 2017 gestisce il Cannabis Store Amsterdam della Prima androna di Borgo nuovo, tra piazza Garzetti e via Mazzini: «Inutile dire come questi non siano giorni troppo sereni. I responsabili della catena ci hanno rassicurato, ma non si può mai sapere che piega possano prendere le cose. Abbiamo fatto un investimento per aprire questo negozio in franchising, tutto è regolare ed alla luce del sole. Abbiamo anche ottenuto contributi pubblici tramite i fondi Fesr per l’occupazione, tanto per chiarire come la nostra sia una realtà trasparente. E dà anche un po’ fastidio venir additati come realtà poco limpide e che propongono qualcosa di dannoso».

Gli esercenti sono i primi ad attaccare chi non è corretto: «Chiaro che se parliamo di casi come quelli di Macerata in cui in alcuni negozi venivano venduti prodotti con quantità di Thc oltre le soglie permesse dalla legge il discorso cambia. Ma spingersi a dire che questo accade ovunque è irriguardoso. I controlli per quel che ci riguarda sono costanti e siamo i primi a volerli», spiega Deltour.

«Noi abbiamo anni di esperienza alle spalle, mentre il fiorire di cannabis shop ha avvicinato a questo settore anche persone che probabilmente puntano ad altro», sottolinea anche Melchiorri, ma questo non deve comportare la demonizzazione di tutto il settore. Soprattutto in un momento in cui in molti paesi si inizia a parlare apertamente, finalmente, delle finalità sanitarie della cannabis ed anche ludica, come in Canada, proprio per contrastare il consumo di droghe. Sarebbe il caso di imitare quei paesi, non rifugiarsi dietro slogan dettati dall’ignoranza. E che guarda caso arrivano a pochi giorni dalla pronuncia della Cassazione a sezioni unite che, il 31 maggio prossimo, dovrà pronunciarsi definitivamente sulla liceità della vendita della cannabis light».

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