Spadafora: «Il decreto Pillon è ritirato, non andrà in Aula» Esulta il Pd: «Vittoria di Verona»

«Il provvedimento Pillon è chiuso. Quel testo non arriverà mai in aula, è archiviato. Adesso bisogna scrivere un nuovo testo, che probabilmente prenderà anche qualcosa di buono, ma molto poco, per andare incontro ai temi del diritto di famiglia, ma non come aveva pensato Pillon.
Sono state fatte le audizioni in Commissione Giustizia, adesso c’è un nuovo tavolo Lega-M5S al quale sono invitate anche le opposizioni».Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora (M5S) stamattina a Omnibus su La7.

È davvero così? «Ho ascoltato le dichiarazioni del sottosegretario Spadafora ad Omnibus, e sono curiosa di vedere se il Movimento 5 stelle sarà in grado di andare fino in fondo. Per noi non ci sono dubbi: il ddl Pillon è inemendabile e va ritirato al più presto. Massima attenzione verso eventuali nuove linee di intervento sul diritto delle famiglie, che però non potranno che seguire la direzione tracciata dai provvedimenti promossi dal Partito democratico nella scorsa legislatura: tempi più rapidi per separazione e divorzio, e massima attenzione alle conseguenze di interventi normativi sulla condizione del coniuge debole, specialmente la donna, e sui minori, senza scorciatoie inutili e dannose, come mediazione obbligatoria, Pas e regole troppo rigide per l’affido. Il confronto è possibile solo su queste basi» dichiara la senatrice del Pd Monica Cirinnà.
«Dopo la grande manifestazione che a Verona ha riaffermato la centralità dei diritti -aggiunge - è necessario un coordinamento di tutte le donne elette in Parlamento che vada oltre le appartenenze politiche per fermare insieme ogni deriva che voglia mettere in discussione le conquiste di civiltà che il nostro Paese ha fatto».

Altra voce dal Pd: «Le battaglie che abbiamo portato avanti nel Parlamento e nel Paese stanno dando i loro frutti. Il ddl Pillon non vedrà la luce». Lo dichiara Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico, commentando le dichiarazioni del sottosegretario Spadafora.

«È stato un grande movimento ad archiviare per sempre qualunque tentativo di tornare indietro sul diritto di famiglia e su tutte le conquiste civili degli ultimi quarant’anni. Di certo non grazie a questa maggioranza che litiga su tutto, ma - sottolinea la deputata Dem - pur di tenere stretta la poltrona, calpesta anche i diritti delle donne. Lo abbiamo dimostrato a Verona, con una partecipazione di massa, e continueremo a dimostrarlo ogni qualvolta si cercherà di portare indietro le lancette dell’orologio a tempi bui».
«In Parlamento non faremo sconti, come accaduto con l’emendamento sul Revenge porn. Non permetteremo che, per intestarsi qualche merito, siano subordinati gli interessi delle donne a quelli di una parte politica. Ora - conclude Rotta - venga ritirato il ddl Pillon e si riparta su altre basi, sgombrando il campo da proposte inaccettabili per uno stato di diritto».


I CONTENUTI DEL DISEGNO DI LEGGE. 

Il disegno di legge a prima firma Pillon - che aveva come intenzione regolare affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità - è stato depositato ed ha iniziato il suo iter in commissione Giustizia del Senato lo scorso 10 settembre 2018. Il senatore leghista e organizzatore del Family Day, noto per le sue prese di posizione contro le unioni civili e l’aborto, ha spiegato ai relatori che il suo ddl punta tra le altre cose a prevedere come obbligatoria per le coppie con figli la mediazione al fine di aiutarle a trovare un accordo nell’interesse dei minori.

Uno dei temi centrali è infatti quello del tempo trascorso con i genitori: «Indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori, il figlio minore, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e con la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità. Ha anche il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale» recita l’articolo 11. Il giudice avrebbe quindi dovuto assicurare il diritto del minore di trascorrere «tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori. Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre».

Il ddl Pillon si propone inoltre di contrastare il fenomeno dell’alienazione genitoriale: «Nelle situazioni di crisi familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore» affermava l’articolo 12.

Secondo le intenzione, si voleva quindi far sparire inoltre la cifra forfettaria stabilita automaticamente, sostituita da un assegno calcolato ad hoc sui figli e sul progetto che i genitori hanno su di loro. La cifra stabilita sarebbe stata poi divisa equamente tra i genitori, in base a quanto guadagnano.

Una delle critiche più accese però era relativo al capitolo sulla violenza: di fatto la legge sarebbe stata un disincentivo per le donne che subiscono violenza a chiedere la separazione. Diceva infatti Pillon: «In caso di violenza domestica non ci può essere affido condiviso. Ma le dico di più: vogliamo punire tanto la violenza quanto le false accuse di violenza usate come minaccia per ottenere la custodia del figlio e alienarlo dal partner».

Nello specifico, il ddl Pillon, per evitare che il conflitto familiare arrivi in tribunale, introduceva alcune procedure di ADR, un acronimo che vuol dire Alternative Dispute Resolution: sono metodi stragiudiziali di risoluzione alternativa delle controversie, e ne fanno parte sia la mediazione che la coordinazione genitoriale. Il ddl prevedeva in particolare di introdurre la mediazione civile obbligatoria per le questioni in cui siano coinvolti i figli minorenni «a pena di improcedibilità», dicendo esplicitamente che l’obiettivo del mediatore è «salvaguardare per quanto possibile l’unità della famiglia».

La legge istituirebbe quindi l’albo professionale dei mediatori familiari e precisa chi può esercitare quella professione: tra loro «anche agli avvocati iscritti all’ordine professionale da almeno cinque anni e che abbiano trattato almeno dieci nuovi procedimenti in diritto di famiglia e dei minori per ogni anno».

L’articolo 3 spiegava come si svolgerebbe questa mediazione. Può durare al massimo sei mesi, i rispettivi legali, dopo il primo incontro, possono essere esclusi negli incontri successivi dal mediatore, e l’accordo raggiunto durante la mediazione (chiamato “piano genitoriale”) doveva essere «omologato» dal tribunale entro 15 giorni. Si precisava, infine, che «la partecipazione al procedimento di mediazione familiare è volontariamente scelta», ma più avanti, all’articolo 7, si dice che per le coppie con figli minorenni la mediazione è «obbligatoria». L’articolo 4 aggiungeva che è gratuito solo il primo incontro di mediazione, mentre gli altri sono a carico delle due persone che si stanno separando. Se nell’esecuzione del piano genitoriale nascono dei problemi, il ddl prevedeva l’introduzione di un’ulteriore procedura di ADR, affidata al coordinatore genitoriale: sempre a pagamento.

Nel piano genitoriale avrebbero dovuto essere presenti, tra le altre cose, una serie di indicazioni molto precise: luoghi abitualmente frequentati dai figli; scuola e percorso educativo del minore; eventuali attività extra-scolastiche, sportive, culturali e formative; frequentazioni parentali e amicali del minore; vacanze.

Nel ddl si dice (articolo 11) che «indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori» il minore ha diritto a mantenere «un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale». I figli dovranno dunque trascorrere almeno dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, con ciascun genitore, a meno che non ci sia un «motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica» dei figli stessi. Non solo: i figli avranno il doppio domicilio «ai fini delle comunicazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute».

Il ddl vuole contrastare la cosiddetta “alienazione parentale” o “alienazione genitoriale”, intesa come la condotta attivata da uno dei due genitori (definito “genitore alienante”) per allontanare il figlio dall’altro genitore (definito “genitore alienato”).

Nella scheda di presentazione del ddl al Senato si dice che «nelle situazioni di crisi familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore». Gli articoli 17 e 18 del ddl dicono dunque che se il figlio minore manifesta «comunque» rifiuto, alienazione o estraniazione verso uno dei genitori, «pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori» stessi, il giudice può prendere dei provvedimenti d’urgenza: limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale, inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore e anche il «collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata».

comments powered by Disqus