Il Pd sceglie Ugo Rossi per evitare rotture

di Luisa Maria Patruno

Dopo tre mesi e mezzo di discussione interna sulla «discontinuità» da offrire agli elettori alle Provinciali anche sul nome del candidato presidente, a seguito della batosta elettorale del 4 marzo, ieri il coordinamento provinciale del Pd a larghissima maggioranza si è espressa a favore della riconferma dell'autonomista Ugo Rossi, piuttosto che sulla proposta di un nome «fuori dai giochi» - come ipotizzato dal segretario Giuliano Muzio - che si sapeva fin dal primo giorno che il Patt non avrebbe mai accettato, rompendo la coalizione. 

La novità che ha spinto il Partito democratico trentino a ripiegare però ora su Rossi starebbe principalmente nel rischio di trovarsi come candidato presidente un nome scelto dall'area degli ex democristiani dell'Upt e dei sindaci civici, come l'assessore Carlo Daldoss, e quindi ancora una volta non un nome espressione del Partito democratico. A fronte di questa prospettiva, come ha dichiarato nei giorni scorsi il vicepresidente Alessandro Olivi, «meglio tenersi Rossi». Almeno - è un'altra considerazione che viene fatta dai «dem» - se mai il centrosinistra autonomista vincesse le elezioni, per Rossi sarebbe comunque l'ultimo mandato, mentre per Daldoss sarebbe il primo. 

Insomma, non riuscendo a trovare un accordo al proprio interno su un nome del Pd - con i vari Olivi e Zeni a elidersi a vicenda - né a convergere compatti su un personaggio d'area, come Franco Ianeselli, Monica Baggia o Paolo Ghezzi, che erano stati valutati come possibili candidati di coalizione, per poi avere la forza di proporlo agli alleati, il Partito democratico ieri è arrivato alla conclusione che l'unica opzione possibile per cercare di tenere unita la coalizione è sostenere il Rossi bis. Al termine dell'incontro del coordinamento il segretario Muzio spiega: «Noi faremo alla coalizione la proposta che riteniamo possa evitare che il centrosinistra autonomista si spacchi. A fronte di un Patt che è pronto a rompere se non si conferma Rossi e all'Upt che dall'altra guarda ai Civici, noi sentiamo la responsabilità di non buttare via vent'anni di coalizione di centrosinistra autonomista. E per questo contiamo nei prossimi due giorni, prima della riunione di coalizione prevista per giovedì, di riuscire a convincere l'Upt a convergere su questa proposta». 

«Non si tratta - sostiene il segretario del Pd - di aver preferito il Patt all'Upt, ma di aver valutato la proposta che ha più chance di tenere unita la coalizione perché garantisce più convergenze e il minimo rischio di rottura».
Resta ora da capire se l'Upt ci starà. I due portavoce Gianpiero Passamani e Vittorio Fravezzi continuano a insistere sulla necessità di allargare la coalizione al movimento dei sindaci Civici. «Prima allarghiamo la coalizione - ripete Passamani - e poi insisme decidiamo il candidato presidente». Ma questo nuovo apparentamento ancora non si vede e il leader del sindaci civici, Francesco Valduga, ha invece dichiarato di voler costruire un'altra coalizione popolare e riformista alternativa ai populisti di Lega e 5 Stelle che però non corrisponde all'attuale centrosinistra autonomista. Ora, dunque, l'Upt che con Rossi candidato presidente è convinta di non avere più spazio elettorale nel centrosinistra autonomista, dovrà decidere se restare comunque con la coalizione, sperando che riesca a battere il centrodestra oppure avventurarsi in una nuova aggregazione centristra e civica con Valduga e forse Daldoss ben sapendo che il sistema elettorale con elezione diretta del presidente e premio di maggioranza (non c'è il secondo turno) punisce le divisioni. Se l'Upt dovesse andarsene, il Pd si ritroverebbe con il capolavoro - dopo tanti tira e molla - di un'alleanza a due Pd-Patt e il candidato presidente autonomista. Uno scenario che il segretario Muzio spera non si verifichi.

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