Fraccaro, «agnello sacrificale» Sogno presidenza dura una notte

Il sogno di Riccardo Fraccaro, deputato del Trentino Alto Adige del Movimento 5 Stelle, di diventare presidente della Camera è durato lo spazio di una notte e si è infranto nel corso della mattinata di ieri ufficialmente a causa del veto del centrodestra.

Da giorni il nome di Fraccaro circolava insistente al fianco di quello del compagno di partito Roberto Fico, poi effettivamente eletto sulla poltrona che è stata di Laura Boldrini. Nonostante le ritrosie del deputato trentino, braccio destro del capo politico del movimento, Luigi Di Maio, a confermare l’ipotesi della sua candidatura, la proposta è stata ufficializzata venerdì poco prima di mezzanotte dai capigruppo grillini di Camera e Senato a poche ore dalle assemblee congiunte dei parlamentari dei 5 Stelle.

Ma solo dopo si scoprirà essere una operazione studiata a tavolino per far passare Fico. Ieri mattina, infatti, verso le 10.30, la candidatura di Fraccaro era già tramontata con l’annuncio da parte di Di Maio che il centrodestra, che si era ricomposto a sostegno del nome della berlusconiana Elisabetta Casellati per la presidenza del Senato, aveva posto il veto sul nome del deputato trentino per la Camera e lui aveva deciso di fare un passo indietro per il bene del movimento.

Su Facebook Fraccaro ha scritto subito dopo: «I sacrifici che siamo disposti a fare dimostrano il valore che hanno le cose in cui crediamo. Il bene del Movimento viene prima di tutto, se serve a renderci più forti sono lieto di fare un passo indietro: è un atto di amore verso la nostra comunità. Roberto Fico saprà interpretare il ruolo di Presidente della Camera con autorevolezza e competenza. Grazie a tutto il M5S per l’affetto e la fiducia, ora avanti ancora più determinati».

Da fonti leghiste si è fatto sapere che è stata la Lega a porre un veto sulla figura di Riccardo Fraccaro alla guida di Montecitorio per il fatto che il deputato insultò in passato a più riprese gli esponenti del Carroccio definendoli «ladri».

In realtà, l’impressione è che più che vittima di un veto del centrodestra Fraccaro sia stato piuttosto «sacrificato» dallo stesso Movimento 5 Stelle per consentire l’elezione del nome «vero» su cui si voleva puntare che era fin dal principio quello di Roberto Fico.

I grillini sapevano infatti che Forza Italia non avrebbe mai potuto dire sì al primo nome messo sul piatto, dopo l’impuntatura dei Cinquestelle contro Paolo Romani che era quello voluto da Berlusconi. Quindi alla fine Di Maio e Beppe Grillo - in mattinata c’era stato un vertice all’Hotel Forum con il garante del movimento - hanno scelto Fraccaro per il ruolo del nome da impallinare. E per questo all’assemblea dei parlamentari grillini Di Maio ha detto: «Abbiamo tutti un debito con lui».

D’altra parte, tra i parlamentari 5 Stelle fin dall’inizio il nome di Fico era quello più gradito, soprattutto perché espressione del Sud, dove il movimento ha fatto il pieno di consensi e di eletti. Fraccaro, veneto e unico eletto del Trentino Alto Adige, per quanto fedelissimo di Di Maio, non poteva sperare infatti di superare il peso politico delle decine di colleghi del sud Italia.

Il deputato trentino può consolarsi comunque con il fatto che il patto tra 5 Stelle e centrodestra per l’elezione dei presidenti di Camera e Senato rende ora più agevole la possibilità concreta di dare vita a un governo e Fraccaro è già stato indicato da Di Maio come ministro per i rapporti con il Parlamento e gli Affari regionali.

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