Dal 40% delle europee al crollo Pd (forse) sotto il 20%

I dati sono da prendere con le molle; bisogna attendere; aspettiamo. Le frasi dell'ultima ora, giustamente, hanno tutte questi incipit. Ovviamente bisognerà aspettare per tirare delle conclusioni, ma tra la miriade di dati e proiezioni che stanno arrivando un aspetto politico è evidente a tutti: il crollo verticale del Pd. Si può discutere su tanti aspetti, a partire da chi è il vincitore (i 5 Stelle nettamente primo partito o il centrodestra nettamente prima coalizione?), ma la caduta del Partito Democratico e, probabilmente, la sconfitta definitiva del «renzismo» sono già oggettivi.

Il partito che solo quattro anni fa alle europee arrivò a superare da solo il 40%, con una crescita del 14,7% passando dal 26,1% al 40,8%, ora vede dimezzata la propria forza. Nell'ultima proiezione si va dal 18,3% di La7 al 21,2% di Mediaset passando per il 19,6% della Rai: bene che vada almeno 12 punti percentuali di distacco dai 5 Stelle, un numero incredibile per il partito che ha governato in Italia, e in molte regioni italiane, negli ultimi anni.

E siccome da qualche tempo Pd è sinonimo di Matteo Renzi, ecco che l'ex sindaco di Firenze diventa il «colpevole» numero 1 della disfatta. In attesa dei primi dati provinciali, un primo numero regionale fa riflettere: l'incredibile crollo dell'affluenza in Alto Adige, con un triste 69% rispetto all'82% del 2013. Lì dove è stata «imposta» Maria Elena Boschi, la fidatissima di Renzi, e lì dove il Pd si è sfaldato come neve al sole con 14 esponenti in fuga, gli elettori hanno disertato le urne.

Il rottamatore è stato rottamato dagli italiani: 20 punti percentuali in meno sono troppi per trovare una motivazione politica e il riscatto dopo la scoppola presa con il referendum non c'è stato, anzi. Il dato, a due ore dalla chiusura dei seggi, è uno: il Pd di Renzi ha perso e esce dal 4 marzo con le ossa rotte. Insomma, aveva ragione il signore dello spot Pd: «Io il Pd non lo voto». Sicuro, sicuro? Ebbene sì, sicuro, sicuro! 

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