Matteo Renzi formalizza le dimissioni «Peggio della scissione solo il ricatto»

Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza: «Matteo dovrà prendersi le proprie responsabilità della frantumazione del partito»

Verso la scissione

«Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c'è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un'assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima». Lo affermano Michele Emiliano, Enrico Rossi, Roberto Speranza.


È scontro all'assemblea del Pd, ma la minoranza si divide. Dopo il discorso di Matteo Renzi, giudicato dalla sinistra troppo duro, la strada sembra segnata. «Aspettiamo la replica, ma Renzi ha alzato un muro» dice Pier Luigi Bersani. La minoranza, fa sapere l'ex segretario, prenderà le sue decisioni dopo la replica del segretario. «È stato alzato un muro - conferma Enrico Rossi ancora più deciso - sia nel metodo che nella forma. Per noi la strada è un'altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area».

Di diverso avviso sembra, invece, Michele Emiliano: «È a portata di mano» ritrovare l'unità: «Siamo a un passo dalla soluzione. Un piccolo passo indietro consente a una comunità di farne cento avanti. Io sto provando a fare un passo indietro, ditemi voi quale, che consenta di uscire con l'orgoglio di appartenere a questo partito. Senza mortificare nessuno». «Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui», aggiunge, chiedendogli un'ultima mediazione sulla conferenza programmatica.

Ma anche dalla maggioranza si dà per scontata la scelta della sinistra di uscire. «La scelta è già stata fatta - allarga le braccia Lorenzo Guerini - Peccato». «Fermiamoci e ripartiamo, la scissione non ha senso». È stato il messaggio di Matteo Renzi all'assemblea del Pd. Un Renzi che, però, anche all'attacco: "Scissione è una brutta parola, ma peggiore c'è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito sulla base di un diktat di una minoranza".

Intanto nessun candidato si è presentato per la segreteria direttamente in assemblea, parte dunque il congresso anticipato.

L'intervento di Matteo Renzi

«Fermiamoci e ripartiamo, la scissione non ha senso». È il messaggio di Matteo Renzi all'assemblea del Pd che va, però, anche all'attacco: «Scissione è una brutta parola, ma peggiore c'è solo ricatto. Non è accettabile che si blocchi un partito sulla base di un diktat di una minoranza». Nel suo discorso il segretario del Pd ha sottolineato che il partito sta facendo "un regalo" a Beppe Grillo discutendo "solo di se stesso". Ha ribadito la volontà di andare a congresso, ma anche il sostegno al governo Gentiloni.

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SCISSIONE - «Io dico fermiamoci, fuori ci prendono per matti. Oggi discutiamo ma poi mettiamoci in cammino» ha esordito Renzi. «La scissione - ha aggiunto - ha le sue ragioni che la ragione non conosce. La nostra responsabilità è verso il Paese e quelli che stanno fuori. Adesso basta: si discuta oggi ma ci si rimetta in cammino. Non possiamo continuare a stare fermi a discutere al nostro interno».

«Scissione - ha sottolineato - è una delle parole peggiori, peggio c'è solo la parola ricatto, non è accettabile che si blocchi un partito sulla base dei diktat della minoranza». E ancora: «Io non accetto che qualcuno pensi di avere il copyright della parola sinistra. Anche se non canto bandiera rossa penso che il Pd abbia un futuro che non è quello che altri immaginano». «Parliamo - è l'invito del segretario - di Italia. Ehi Beppe che bel regalo ti stiamo facendo parlando solo di noi mentre nel M5s ci sono le polizze vita, i capi di gabinetto, mentre esercitate un garantismo ai giorni alterni: quando indagano i vostri garantisti, quando indagano gli altri urlate consegnatevi, confessate. Che pessima immagine sta arrivando fuori di qui» della discussione interna al Pd. 

«Tutti si sentano a casa nel Pd, liberi di discutere ma se in tutte le settimane c'è un'occasione di critica, se per tre anni si è pensato che si stava meglio quando si stava peggio, io non dico che siamo nemici né avversari ma dico 'mettetevi in gioco', non continuate a lamentarvi ma non potete immaginare di chiedere a chi si dimette per fare il congresso di non candidarsi per evitare la scissione non è una regola democratica".

CONGRESSO - "Non possiamo stare fermi a dire congresso sì, congresso no. Resti agli atti - ha sottolineato - quel che è accaduto in questi due mesi e mezzo. Ho cercato tutti i giorni di raccogliere le proposte degli altri per restare insieme. All'ultima assemblea due amici storici mi hanno preso a male parole per dirmi "fai un errore". A quel punto una parte della maggioranza e minoranza ha detto fermiamoci e mi sono fatto carico di non fare il congresso perché pensavo potessimo fare una campagna di ascolto insieme». «Se non si fa il congresso diventiamo come gli altri, trovare un equilibrio non è difficile ma per fare cosa se il Pd ha già vissuto passaggi analoghi nel 98 con Prodi, nel 2009 quando si è dimesso Veltroni». 

GOVERNO GENTILONI - «Basta con la discussione e le polemiche sul governo. Faccio un applauso a Gentiloni che è qui, per quello che sta facendo con i ministri. E' impensabile che si trasformi il congresso in un congresso sul governo. Sarebbe un errore allucinante per tutti». «Sul governo non ho cambiato idea, mi fa piacere che altri lo abbiano fatto passando dall'appoggio caso per caso all'appoggio fino a fine legislatura. Rispettiamo l'azione del governo e i poteri del presidente della Repubblica». 

IL PD - «Questa è l'ultima assemblea di questo mandato» di segreteria del Pd, «ma non è l'ultima assemblea del Pd. Il Partito democratico è più forte dei destini personali e dei leader, comunque si chiamino. Come comunità il Pd ha un passato, un presente e un futuro».

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