Dellai: «Riformare lo statuto ora sarebbe velleitario o suicida»

di Luisa Maria Patruno

«Il risultato in Trentino è gravemente negativo. È vero che può consolare il fatto che qui il divario tra il Sì e il No sia minore, ma è molto più che un campanello d'allarme e questo deve fare riflettere profondamente la coalizione di centrosinistra autonomista».

Lorenzo Dellai, ex governatore oggi capogruppo di Democrazia solidale alla Camera e presidente della Commissione dei 12, non minimizza la sconfitta in Trentino e cerca di dare la sveglia alla coalizione.

Onorevole Dellai, in Alto Adige ha vinto il Sì. Gli elettori delle due province hanno scelto strade diverse. I trentini non hanno seguito l'indicazione della maggioranza politica che governa in Provincia. Come se lo spiega?

La Svp ha una forza evocativa sull'elettorato di lingua tedesca che ha una radice etnica. Noi non ce l'abbiamo la radice etnica. E storicamente si è cercato di supplire a questo con un'identificazione politico-progettuale, vale a dire con quell'«anomalia trentina» che è il centrosinistra autonomista al di fuori degli schemi nazionali. Questa volta invece è prevalso lo schema nazionale. E questo è un problema sul quale tutti dobbiamo interrogarci, perché significa che bisogna ancora capire quali proposte e capacità di aggregazione mettere in campo per costituire ancora un'anomalia possibile. È chiaro che crea imbarazzo il voto diverso rispetto a Bolzano sulla clausola di salvaguardia.

Vuol dire che i trentini non hanno ritenuto importanti le maggiori garanzie per le autonomie speciali offerte dalla riforma?

Direi che tutto il sistema delle «speciali» è uscito malconcio perché ha stravinto il No in Friuli, Sardegna, Sicilia, Val d'Aosta. È chiarissimo che non sarà facile riproporre l'«intesa» quando mai si tornerà a parlare di riforma. È vero che c'è sempre stata l'attrazione del voto nazionale, ma saremo sempre esposti a queste interferenze se non sapremo reinventarci come proposta politica territoriale. Va aperta una riflessione molto seria.

Sulla riforma dello Statuto di autonomia ora è meglio stare fermi? Che fine farà il lavoro di Consulta e Convenzione?

Questo voto dimostra che i trentini non hanno ancora capito qual è la posta in gioco - per colpa nostra - quindi la discussione politico-culturale deve proseguire. Ma per quanto riguarda l'aspetto giuridico-istituzionale dello Statuto penso che oggi sia in una nebbia assoluta dopo il risultato referendario. Non possiamo certo pensare di portare in Parlamento proposte di modifica del nostro Statuto, puntuali o generali che siano, senza la garanzia del principio dell'intesa.

Questo è un grave problema politico e istituzionale. Nessuno oggi sa dire se il lavoro delle Consulte potrà avere uno sbocco. In questo clima, al di fuori della protezione dell'intesa, può diventare anche un suicidio oppure una velleità. Per questo io ho già detto che se vinceva il Sì si partiva subito, se vinceva il No la prospettiva è solo quella di resistere difendendo quello che abbiamo, in attesa di tempi migliori.

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