Altri soldi per la pensione dei consiglieri Critici i sindacati: «Ancora troppi privilegi»

La notizia che la Regione ha deciso di correre in aiuto dei consiglieri stanziando 1,7 milioni di euro per integrare la loro pensione complementare ha scatenato le reazioni dei sindacati. 

«La notizia forse non scandalizzerà più di tanto la maggior parte dei cittadini trentini e sudtirolesi (che se sottoscrivendo un fondo di previdenza complementare come Laborfonds non godono certo di simili contribuzioni pubbliche), ma questo è solo perché sono ormai abituati alla "resilienza" della casta politica trentina a tutte le riforme e battaglie di equità promosse dalla società civile locale», scrive il segretario generale della Uil del Trentino, Walter Alotti .

«C'è però un limite a tutto e certo non possiamo ignorare che la stessa Regione - per opera della propria Giunta - sta agendo su una delle poche competenze rimastole, quella della previdenza complementare, per operare, nell'ultimo anno, riduzioni di finanziamento e restrizioni normative che agiscano per la promozione e la diffusione della previdenza complementare fra i lavoratori». 

Un atteggiamento del quale il sindacato della Uil dice di prendere atto, «così come assistiamo al costante e generale aumento del distacco fra la politica, anche regionale, ed i cittadini».

Lorenzo Pomini , segretario della Cisl fa i conti in tasca a lavoratori e consiglieri e la differenza di contribuzione è lampante. «Comunque questo sistema è meglio di quello che c'era prima, anche se un lavoratore e dipendente paga comunque di più. Per non parlare dei consiglieri in aspettativa».

La questione vera, per Pomini, riguarda la diversa destinazione dei soldi della previdenza integrativa. «Quelli di Laborfonds - sottolinea - riguardano lavoratori trentini, che pagano le tasse qui da noi e parte viene riversato sull'economia locale. Bisognerebbe capire se questi consiglieri fanno lo stesso a favore della nostra regione»

Per Franco Ianeselli , segretario della Cgil, il tema da affrontare è quello della determinazione della retribuzione dei consiglieri provinciali, non tanto della contribuzione ai fini della previdenza integrativa. «La legge che ha abolito i vitalizi ha stabilito una giusta equiparazione del modello previdenziale dei consiglieri a quello dei lavoratori dipendenti con versamenti a fondi di previdenza complementare in percentuale sulla retribuzione lorda. La stessa decisione dell'Agenzia delle

Entrate di non estendere i benefici fiscali sulla contribuzione dei consiglieri provinciali oltre la soglia prevista per i lavoratori dipendenti conferma questa equiparazione. La differenza allora sta nella retribuzione lorda che per un consigliere provinciale è fissata a 9.800 euro cui bisogna aggiungere i contributi previdenziali a carico del Consiglio, fino ad un massimo del 24%.

Nei prossimi mesi il consiglio regionale sarà chiamato a discutere un disegno di legge di iniziativa popolare che punta a ridurre questa retribuzione lorda. La discussione non è archiviabile con un sì o con un no al disegno di legge. Confidiamo quindi che vengano individuati meccanismi che fissino la giusta retribuzione di un consigliere provinciale».

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