Tomas Carini: «Ecco perché le fusioni comunali sono urgenti»

Le fusioni «spinte» dei Comuni come unica via, specie nei territori montani e marginali, sia per creare un contrappeso reale nei rapporti di forza tra i livelli istituzionali (quindi in particolare verso Stato e Regioni o meglio Provincia autonoma, nel caso trentino) sia per ottimizzare le risorse e assicurare servizi ai cittadini.

La ricetta per una rivoluzione nell'architettura istituzionale è illustrata dallo studioso piemontese Tomas Carini nel volume «Democrazia a km 0» (edizioni Arianna), che propone la visione dell'associazione Identità comune di cui l'autore è segretario.

In sostanza, spiega Carini, una semplificazione amministrativa - fra l'altro oggi generosamente incentivata dallo Stato - che restituisce la centralità ai cittadini e limita il proliferare del personale politico liberando risorse finanziare da destinare agli aspetti funzionali degli enti, ma anche creando maggiore trasparenza e rafforzando la dinamica della rappresentanza democratica.

L'autore vive fra l'altro in prima persona una battaglia politica per la fusione di municipi nell'area di Chivasso, luogo passato alla storia per la Dichiarazione dei Rappresentanti delle Popolazioni Alpine o appunto Dichiarazione di Chivasso, firmata il 19 dicembre 1943 da esponenti della Resistenza delle valli alpine che sancirono nel documento, oltre ai principi democratici, quelli dell'autonomia istituzionale delle vallate alpine: «Nel quadro generale del prossimo Stato italiano, che, economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici e che politicamente vogliamo basato sui principi democratici, alle Vallate Alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in Comunità politico–amministrative autonome sul tipo cantonale. Come tali, ad esse avranno comunque assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle Assemblee legislative regionali e nazionali», si legge fra l'altro nel testo di oltre settant'anni fa.

Carini, che da qualche tempo vive in Austria, sottolinea quanto oggi la miriade di Comuni in realtà non esercitano realmente il potere, quanto sono altre istituzioni o enti (comrpese le società partecipate) a decidere su questioni che poi si riflettono direttamente sui cittadini.

«La parola chiave - spiega - è rapporti di forza. In Piemonte, per esempio, abbiamo 1.200 Comuni per una popolazione di circa quattro milioni e mezzo di persone: se togliamo i 900 mila abitanti di Torni, ci rimangono 1.200 Comuni con 3.600 mila cittadini. Questo significa che mediamente un Comune piemontese ha tremila abitanti, men o della metà della media nazionale. In questo contesto nessuna città può fare da contraltare al capoluogo Torino, che è una sorta di tiranno cui vanno gran parte delle risorse finanziarie pubbliche. Il resto del territorio soffre e per questo è fondamentale che si dia una nuova organizzazione».

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Per quanto riguarda la proposta generale, Identità Comune, un'associazione culturale indipendente, spiega nel suo sito che «l’obiettivo finale è far ripartire l’Italia, risvegliare negli italiani il senso di appartenenza alla propria terra, garantire una buona amministrazione e buona qualità della vita nel più ampio disegno di una rinascita europea».

Ecco in sintesi il programma: «Vogliamo rifondare l’attività politica secondo categorie alternative:
il completo superamento della politica odierna, ancorata ad una sterile e solo fittizia contrapposizione ideologica;
il costante ricambio della classe dirigente;
la semplificazione e l’efficienza della organizzazione dello Stato.

Condanniamo i “professionisti della politica” che collezionano poltrone a vita e fanno affari sulla pelle dei cittadini e delle imprese, producendo l’inevitabile aumento delle tasse e/o il ricorso al taglio dei servizi, soprattutto locali.

L’attività politica deve avere 4 caratteristiche:

  1. durata non superiore ai 10 anni in totale
  2. conforme alla regola “1 incarico, 1 reddito, 1 pensione”
  3. a tempo pieno
  4. riservata ai maggiorenni incensurati che non hanno ancora compiuto 70 anni

I costi della politica vanno abbattuti in primo luogo abolendo tutti i 16.000 Enti locali e sotituendoli con 500 Comunità per avere:

 istituzioni chiare e definite, lineari e trasparenti, facili da individuare e da controllare, non aumentabili per fini opportunistici,

  • aperte al ricambio ed alla partecipazione
  • Governi e Pubblica Amministrazione efficaci, efficienti, rapidi, utili, credibili
  • risparmi miliardari da usare per finanziare la creazione di posti di lavoro e per migliorare la gestione territoriale dei servizi alle imprese e ai cittadini
  • la diffusione del senso di appartenenza, unità, condivisione, solidarietà e pari opportunità».
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