Serra (Pd) sulla crisi a Trento «Chiarezza o tutti a casa»

di Domenico Sartori

Lo si capirà mercoledì prossimo, quando incontrerà capigruppo e coordinatori dei partiti di maggioranza, se la settimana di passione iniziata con la bocciatura in aula della «sua» delibera di modifica del regolamento del personale, porterà all'avvento di un tempo nuovo per il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta . Il cronoprogramma vede prima, domani, le riunioni dei gruppi del Pd e del Patt. Giorni di confronti interni e tra partiti. In ballo c'è la tenuta del governo della città capoluogo.

Le fibrillazioni nel centrosinistra autonomista non sono figlie dell'ultimo minuto, dell'imboscata di sei franchi tiratori della maggioranza che mercoledì sera hanno «impallinato» il sindaco del Pd, mandandogli un segnale chiarissimo. Perché è da mesi che Andreatta deve fare i conti con i mal di pancia (soprattutto) di Patt e Cantiere civico democratico, a cominciare dalla scelta di chiamare in giunta due donne non elette come Chiara Maule (Cantiere) e Marika Ferrari (Patt), spegnendo le ambizioni dei vari Paolo Castelli , Salvatore Panetta , Tiziano Uez. Adesso, però, è il momento della chiarezza, della scelta, dopo l'«incidente» sul regolamento del personale, tra una ripartenza della coalizione, con un cambio di passo, e il tutti a casa.

A metterla giù dura, nell'incontro che il sindaco ha avuto con i consiglieri di maggioranza giovedì sera, è stato il capogruppo del Pd, Paolo Serra. «Da questa situazione» dice «si può uscire solo con la volontà di tutti». E cioè? «Vuol dire mettere da parte una volta per tutti i personalismi. Perché nessuno, qui, ha posto in discussione problemi concreti, la mobilità, l'urbanistica, il piano commerciale, il Not o altre questioni importanti per la città. No, sono tornati, sei mesi dopo, sulle nomine fatte in autonomia dal sindaco. Così non va bene! Ora, devono prendersi la responsabilità di dire alla città, apertamente, che sono pronti a mandare a casa il sindaco perché ha scelto due assessori donna. Lo facciano».

Lei si riferisce a Panetta e Castelli? «Beh, Castelli e Tomasi se ne sono usciti pubblicamente, mentre Panetta è stato zitto. A loro va chiesto: se il sindaco metteva in giunta Panetta e Castelli andava tutto bene? Se la politica è ridotta a questi personalismi, non c'è più da discutere».

Per Paolo Serra, i rapporti con il Patt sono recuperabili. «Prendo atto» dice «che ora non vuole più una delega. Io credo che con gli autonomisti la situazione sia risolvibile. Chiedono un maggior coinvolgimento dei capigruppo? Ok, nessun problema. Una gestione più collegiale? Si può fare. Maggiore coinvolgimento? Vedremo come, se con la delega o con altre soluzioni. Il nodo vero sono i due consigliere del Cantiere civico, che sta facendo ricadere sul governo della città le sue divisioni pre-congressuali, chi con Dellai, chi con Mellarini».

Per Serra, che se ne possa uscire con un «rimpasto» è obiettivamente difficile: «Con il loro atteggiamento, Panetta e Castelli hanno bruciato qualsiasi ipotesi di rimpasto. E si rischierebbe di scombinare gli equilibri raggiunti». Più serio, per il capogruppo del primo partito di maggioranza, lo scenario delle dimissioni del sindaco. «Giovedì sera, io l'ho detto chiaramente: possiamo anche andare tutti a casa. E il sindaco è intervenuto per dire che non si può andare avanti così, perennemente sulle braci. È un modo per metterli di fronte alle loro responsabilità. Dicano che cosa hanno in mente di fare, come giustificano il loro essere in maggioranza».

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