Il grido dei Comuni: servizi a rischio se la Provincia non garantirà personale

di Domenico Sartori

Non è stata una mera boutade, avanzata dal sindaco di Pergine Roberto Oss Emer, subito spalleggiato dal collega di Riva del Garda, Adalberto Mosaner: «La Provincia metta a disposizione dei Comuni i suoi tecnici, che oggi, con meno lavori ed opere da gestire, sono meno oberati di lavoro». La richiesta fatta all’assessore agli enti locali Carlo Daldoss che ieri l’altro ha illustrato i principi guida del protocollo d’intesa sulla finanza locale del 2016, con la indicazione, tra l’altro, di limitare la sostituzione del personale al 10%, è stata piuttosto un assist, che il presidente del Consiglio delle autonomie, Paride Gianmoena, ha subito raccolto.
Presidente Gianmoena, dura da digerire l’ulteriore stretta sul turn-over del personale dei Comuni?
«Rispondo con un dato: con i blocchi già attuati, negli anni 2013 e 2014, i Comuni trentini hanno risparmiato 1,9 milioni di euro sulle spese per il personale...».
Come dire: già dato.
«No, perché l’obiettivo di ridurre le spese correnti per liberare risorse per gli investimenti, è una priorità. Due le strade per i Comuni più piccoli: riorganizzazione, attraverso gestioni associate o fusioni; creazione di un contingente, gestito dal Consiglio delle autonomie, una dotazione di risorse per affrontare i casi di emergenza, come quando improvvisamente in un Comune viene a mancare una figura indispensabile. La proposta è di una regia unica, rispetto a quanto fatto quest’anno, quando i costi per le assunzioni, nel limite di 40%, sono stati spalmati sulle quindici Comunità di valle. In ogni caso, il limite proposto del 10% è troppo basso, va rivisto».
Condivide la richiesta di avere a disposizione nei Comuni personale della Provincia?
«Sì, è la vera sfida. Uno scommessa di cui si parla da anni, dalla istituzione delle Comunità di valle. Il concetto è quello di “famiglia” nel sistema Provincia-Comuni. Si definiscano i criteri della mobilità, un raggio adeguato entro cui muoversi, ma la Provincia metta a disposizione dei Comuni il suo personale...».
Alla richiesta, Daldoss non ha però risposto.
«Ma se il criterio è quello della solidarietà, non solo tra Comuni, ma anche tra Provincia e Comuni, perché non creare un contingente di dipendenti della Provincia, che possa garantire continuità e qualità dei servizi sul territorio attraverso i Comuni? Noi abbiamo condiviso il piano di miglioramento da 30,6 milioni di risparmi dal 2013 al 2017, che per il 2016 prevede un risparmio di 5,3 milioni».
E sul «sacrificio» di 9,1 milioni per rispettare il patto di garanzia, cosa dice?
«Allo Stato, attraverso i Comuni, il patto di Roma prevede di dare 126,1 milioni, tra sovragettito Imu e riserve dell’erario sugli immobili produttivi. Nel 2015, i Comuni ne hanno garantiti 117, per il 2016 la Provincia dice: metteteci tutto voi. Ma dobbiamo ragionare come un unico sistema Provincia-Comuni e il rischio riscossione, per il mancato incasso dell’Imis, sia in parte garantito dalla Provincia».
E del tenere conto di più dei dividendi e dei “profitti” dei Comuni cosa pensa?
«È già previsto dal vecchio protocollo, ora si parla del 5%. Il tema è strategico. Il fondo perequativo vale 62 milioni: 43 della Provincia, 19 dei Comuni. Di questi 19, un milione deriva da proventi di partecipazione, il resto dai 61 Comuni, soprattutto turistici, che hanno maggiori entrate fiscali. Va trovato un meccanismo che, nella perequazione e solidarietà tra Comuni preveda, per chi dà, di avere però dei riconoscimenti sul fondo per opere e investimenti».

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