Eletto il Cda Rai: c'è anche Freccero, Pd spaccato

La commissione di vigilanza Rai ha eletto i sette componenti del consiglio di amministrazione. Si tratta di Rita Borioni, Guelfo Guelfi, Franco Siddi (ex presidente e segretario del sindacato giornalisti Fnsi), Paolo Messa, Carlo Freccero, Artuto Diaconale e Giancarlo Mazzucca.
Ancora tensione nel Pd con la sinistra interna che ha votato per Ferruccio De Bortoli, ottenendo i due voti di Gotor e Fornaro, senza adeguarsi alla scelta fatta dal partito che, al termine della riunione a San Macuto, aveva deciso di presentare i nomi Siddi, Guelfi e Borioni.

Carlo Freccero ha ottenuto sei voti, da M5S e Sel; altrettanti per Guelfo Guelfi, candidato della maggioranza; Rita Borioni, l’altra maggioranza Pd, 5. Cinque voti anche per Franco Siddi, maggioranza Pd e centro; 5 per Arturo Diaconale votato da Forza Italia, mentre il candidato di Ap Paolo Messa ne ha ottenuti 4, come Giancarlo Mazzuca espressione del centrodestra.
Hanno ottenuti voti, ma non risultano eletti, Ferruccio De Bortoli, indicato dalla minoranza Pd; Giovanni Galoppi; Roberto Briglia e G. Briglia.

«Informazione e fiction»: passa per il potenziamento di questi due macro-generi il futuro della Rai secondo Freccero, neoeletto in Cda dopo una lunga storia prima a Mediaset e poi a Viale Mazzini.

«Non sono del movimento Cinque stelle - dice Freccero subito dopo l’elezione - e la cosa più interessante stamattina è stata proprio leggere sul blog di Beppe Grillo che nessun filo mi ha legato e mai mi legherà a M5S. L’idea che la Rai debba uscire dalle pastoie dei partiti corrisponde proprio alla mia visione. E mi ha fatto piacere l’appoggio di Fratoianni (Sel, ndr), che appartiene a un’area vicina alla mia sensibilità».

Freccero rivendica la sua «indipendenza, pagata anche a caro prezzo: Berlusconi mi ha fatto fuori la prima volta il 5 maggio 1992, poi in Rai ho dovuto affrontare il caso Luttazzi e quando governava il centrosinistra mi ha mandato sul satellite».

Ora però, sottolinea, «mi hanno chiamato per un lavoro che penso di saper fare: ridare centralità al servizio pubblico», più che mai nell’era della tv multipiattaforma, con Netflix alle porte.

«Oggi il vero problema è far sì che questa tv generalista che rischia di fare la fine della scuola pubblica, diventando in qualche modo un ghetto privo di soldi, sia più vivace, libera, tornando al centro del dibattito dei media. Una sfida che si può vincere».
Una spinta in questo senso può arrivare anche dalla possibile nomina di Antonio Campo Dall’Orto alla dg? «Vedremo. Mi auguro solo che non abbia paura degli editti che arriveranno dai partiti. E comunque sono curioso di vedere anche chi sarà il presidente», risponde Freccero.

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