Unioni civili, governo spaccato Si profila un lungo rinvio

Sulla carta, dovrebbe approdare nell’aula del Senato la prossima settimana. Ma nei fatti, il ddl sulle unioni civili rischia di slittare, nel migliore dei casi, a settembre. Al di là delle dichiarazioni politiche, più o meno roboanti, e delle buone intenzioni dei singoli, un accordo politico sul testo messo a punto dalla relatrice Monica Cirinnà (Pd) sembra ancora veramente lontano. I cattolici del Pd e gli esponenti di Ncd restano arroccati sulle proprie posizioni. Il ddl Cirinnà, che «di fatto disciplina le unioni civili come fossero dei veri matrimoni», proprio non gli piace. Mentre al resto dei Dem, ai 5 stelle e a Sel il provvedimento piace così com’è. Quanto meno nei contenuti.

Così, nonostante l’attesissimo parere della commissione Bilancio sia arrivato da due giorni, in commissione Giustizia si è andati avanti ben poco, anche se si tratta di un «poco» dal chiaro significato politico: sono state respinte richieste di stralcio e di soppressione del primo articolo del ddl con una maggioranza non governativa, cioè con l’asse Pd-M5S, più i due ex M5S ora nel gruppo Misto, Orellana e Mussini.

Oggi, commenta il capogruppo Pd in commissione Giuseppe Lumia, «abbiamo evitato i tentativi di sabotaggio del ddl, bocciando gli emendamenti che chiedevano lo stralcio o la soppressione del riconoscimento delle unioni civili». Il Pd è aperto al dialogo, ma basta con l’ostruzionismo. La società italiana, sostiene, ci chiede una legislazione specifica per le coppie omosessuali così come ce lo dice la Corte costituzionale «con una sentenza di cinque anni fa». Basta dunque, è il suo appello, con l’ostruzionismo. L’invito viene ripreso anche dalla Cirinnà che critica l’atteggiamento di chi, come Ncd, vorrebbe «con emendamenti ridicoli e ostruzionistici» smantellare il provvedimento. «Sarà la capigruppo a decidere se arriveremo in aula con o senza mandato - afferma - ma l’ obiettivo è portare a casa il ddl non smantellato nei suoi punti di fondo».

E i punti di fondo sui quali al momento è ancora «muro contro muro», come osserva Carlo Giovanardi (Ncd), sono i diritti sociali che si vorrebbero riconoscere alle coppie gay; la responsabilità genitoriale sul figlio del partner; tutele varie come la reversibilità della pensione.

«Con un solido accordo di maggioranze ampie», avverte Cirinnà, anche senza che venga dato il mandato al relatore (condizione con la quale il ddl è stato calendarizzato per l’Aula), cioè senza che si sia concluso l’ esame in commissione, «noi potremmo comunque arrivare a un risultato». Ma non si capisce ancora davvero quanto il Pd sia disposto allo strappo con gli alleati. Nell’attesa, il senatore di Ap Aldo Di Biagio, sebbene parli di una «chiusura ideologica» registrata in commissione, rilancia la mediazione: se è solo rispetto dei diritti ci stiamo, se invece si parla di matrimoni bis no. Ma c’è ancora tempo per riflettere. Renzi aveva dato come deadline la fine dell’anno. E se non vuole lo strappo, come farebbe credere il «no» del Pd all’arresto del senatore di Ncd Azzollini, margini di manovra ci sono. Niente fretta dunque.
Anche perchè, incalza Giovanardi sino ad ora sono state fatte «solo 10 votazioni su 1.500. La strada è lunga».

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