Senato, dopo la bagarre Ok notturno alla legge di stabilità

Con l'ennesimo voto di fiducia, come sempre contestato da una parte dell'opposizione, questa notte il governo Renzi ha ottenuto il via libera del Senato alla fiducia sul maxiemendamento che rappresenta l'intera legge di stabilità riveduta e corrett, ora atetsa da un nuovo passaggio alla Camera dei deputati. I voti favorevoli sono stati 162, i no 37, nessun astenuto, Forza Italia ha lasciato l'aula prima della votazione. Il via libera alla nota di variazione al bilancio e al ddl Bilancio ha registrato invece 161 sì, 78 no e nessun'astensione.

L'approvazione è avvenuta questa notte, attorno alle due, dopo una giornata ad alta tensione, con molti rinvii e le proteste delle minoranza, specie del movimento CInque stelle, che denunciava, fra l'altro, la presenza nel provvedimento di molte «norme marchetta» che destinano fondi a soggetti o a territori specifici. Anche i senatori leghisti si sono agitati e hanno inscenato una protesta che evocava quella celebre dell'allora leader sovietico Nikita Krusciov all'assemblea dell'Onu: si sono tolti le scarpe e le hanno usate a mo' di martello sul banco per richiamare l'attenzione e chiedere che il governo anziché porre la fiducia tramite la ministra Maria Elena Boschi si presentasse in aula con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Il premier Renzi, incassato l'ennesimo voto di fucia, ha ammesso qualche problema nel testo(«non siamo perfetti») impegnandosi a rendere, in futuro, la legge di stabilità più trasparente e non «un monstrum di norme con magari le varie leggi marchetta».

Il provvedimento, criticato anche da Cgil e Uil (insieme al Jobs Act), precisa, fra l'altro, uno dei nodi emersi in questi giorni che hano visto la mobilitazione in molti territori: la riduzione del personale delle Province ordinarie: il governo ha deciso che per i primi due anni i lavoratori saranno ricollocati in altri uffici pubblici di Comuni e Regioni, ma dal 2017 scatteranno le procedure di mobilità. Sul tappeto resta il nodo dei numerosi servizi cui devono far fronte le medesime Province con personale dimezzato.

 

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