Alta tensione Ucraina-Russia A Kiev scatta legge marziale

Non sarà guerra ma la tensione fra Ucraina e Russia, nonché per estensione tra Mosca e l’Occidente, è salita alle stelle a causa della «battaglia navale» nelle acque dello stretto di Kerch tra la Guardia Costiera russa e le navi della Marina militare ucraina.

Il Cremlino ha accusato Kiev di «provocazione» bella e buona, a scopi essenzialmente pre-elettorali. Intanto però 24 marinai ucraini sono in stato di fermo e tre di loro sono finiti all’ospedale a causa dello scontro a fuoco di ieri. Le autorità ucraine li hanno definiti «prigionieri di guerra» e la Nato ha intimato a Mosca di «liberare subito» militari e vascelli.

La situazione, in Ucraina, è delicata. In diverse parti del paese sono scoppiate manifestazioni e disordini, con bandiere russe bruciate - per esempio a Kharkiv, nell’est - e persino un’auto del corpo diplomatico russo data alle fiamme a Kiev. Il presidente Petro Poroshenko ha quindi firmato un decreto con cui impone la legge marziale in Ucraina, che la Rada ha ratificato in serata. Una mossa che il Cremlino ha definito come «un intrigo elettorale».



Mosca ha reagito all’incidente nello stretto di Kerch con un’offensiva diplomatica convocando al ministero degli Esteri l’incaricato d’affari ad interim ucraino e chiedendo una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. A New York il rappresentante russo ha ribadito la linea dettata dal Cremlino, ricordando che le navi ucraine sono entrate illegalmente nelle acque russe «in violazione della carta Onu e delle leggi internazionali».

Le parti, naturalmente, si addossano la colpa a vicenda, dato che l’Ucraina sostiene di aver avvisato i russi del tragitto del convoglio e che le sue navi sono state attaccate «in acque internazionali». Il ministero degli Esteri russo ha detto chiaro e tondo che «Kiev, in coordinamento con gli Usa e l’Ue, vuole provocare un conflitto con la Russia nel Mare di Azov e nel Mar Nero», linea che è «gravida di gravi conseguenze». Lo stesso ministro, Serghei Lavrov, ha lanciato un appello all’Occidente perché intervenga e «dia una calmata» alle autorità ucraine.
Cosa che, in un certo senso, è pure avvenuta. Parigi e Berlino si sono offerte di mediare, dall’alto della loro posizione di garanti degli accordi di Minsk.

In generale però l’Europa si è schierata al fianco dell’Ucraina e sia la Commissione che il Consiglio europeo, per bocca di Donald Tusk, hanno espresso parole di condanna per «l’aggressione» della Russia e si sono accodate alla Nato nel chiedere la liberazione dei marinai e la restituzione delle imbarcazioni.

Nell’ennesimo braccio di ferro fra Mosca e Kiev non mancano i colpi bassi. Se le autorità russe sono convinte, e lo dicono apertamente, che l’incidente è stato costruito ad arte per imporre nuove sanzioni, lo Stato Maggiore delle forze armate ucraine ha diffuso sui social presunte intercettazioni fra i militari russi impegnati nell’operazione navale nelle quali si sostiene che «il presidente» in persona sia coinvolto nell’episodio. «Prova» - alquanto dubbia, in verità - utile ad aumentare la pressione sul Cremlino. Il tutto mentre sono in corso i preparativi finali per l’incontro fra Vladimir Putin e Donald Trump previsto a margine del G20 argentino.

I due presidenti, tra le varie cose, dovrebbero affrontare faccia a faccia la delicatissima questione del Trattato sulle forze nucleari intermedie (INF), dal quale gli Usa vogliono ritirarsi. Mosca proprio oggi ha ribadito che, davanti alla prospettiva di missili americani in Europa, prenderà le sue «efficaci contromisure».

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