Brexit, timori a Londra «È rischio apocalisse»

Il Regno Unito adesso vede gli spettri. Lo spettro di un divorzio senz'accordo da Bruxelles e lo spettro delle pesanti conseguenze che potrebbero derivarne, fra spauracchi apocalittici e allarmi concreti più chiaramente giustificati. Sullo sfondo dei veleni alimentati da documenti più o meno segreti tirati fuori dai cassetti al momento opportuno, che approfondiscono le divisioni fra i reduci dei due schieramenti referendari di 2 anni fa e tornano a minacciare il precario equilibrismo della premier conservatrice Theresa May. 

L'ultimo scossone è arrivato dalle pagine del Sunday Times, dove sono stati fatti planare estratti di una serie di scenari messi a punto da funzionari del dicastero per la Brexit guidato dall'euroscettico gentile David Davis. Scenari che evocano apertamente l'uscita «no deal» dall'Ue tracciando tre possibili epiloghi: uno moderatamente negativo, uno grave e uno ribattezzato addirittura «Armageddon». Anche lasciando da parte quest'ultimo, che dipinge un quadro al limite della rottura delle relazioni diplomatiche, le previsioni sono da brivido: entro due settimane si proietta l'incubo della carenza di medicine, carburante e cibo, con il collasso potenziale del porto di Dover già al «day 1» del taglio dei legami con il continente e il governo a far scattare piani di emergenza. «Nel secondo scenario, quindi neanche il peggiore - ha detto una delle gole profonde del Times -, i supermercati in Cornovaglia e Scozia finirebbero gli alimentari in un paio di giorni e gli ospedali i medicinali dopo due settimane». Con l'esecutivo costretto ad affidarsi, chissà, a ponti aerei della Raf. Mentre alla terza settimana il razionamento potrebbe estendersi al carburante, con il graduale esaurirsi delle scorte. 

Ipotesi? Esagerazioni? Pericoli reali o almeno verosimili? Il dibattito è ovviamente aperto, mentre May rischia di finire risucchiata dall'ennesima polemica fra le trincee opposte che condizionano anche il suo partito e il suo gabinetto.

comments powered by Disqus