Ue, pressioni per il ritorno delle frontiere nazionali

Malgrado i silenzi dei settori in teoria europeisti del mondo politico sull’ipotesi di depotenziare il trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone, sembra salire di tono il confronto su quella che potrebbe tradursi, eni fatti, in una sostanziale chiusura delle frontiere fra gli stessi Paesi (Ue e non) aderenti all’intesa.

A schierarsi contro la proposta rilanciata da Paesi come Germania, Francia, Danimarca, Norvegia e Austria e a quanto pare caldeggiata anche dal presidente della commissione, Juncker, è oggi il commissario Dimitris Avramopoulos: «Credo non ci siano motivi per prolungare i controlli alle frontiere interne. Penso sia il momento di tornare al normale funzionamento di Schengen».

Al momento non si registrano prese di posizione in proposito da parte del governo italiano.

La settimana scorsa Avramopoulos aveva però annunciato che la Commissione lavora ad una modifica del codice Schengen, cioè delle regole sulla base delle quali un singolo Paese può reintrodurre i controlli di frontiera.

Controlli che peraltro sono possibili anche nel pierno regime di Schengen, non sistematicamente alel frontiere ma nei pressi, secondo le esigenze di polizia.

Il trattato di Schengen insieme alla libera circolazione delle persone ha introdotto un sistema particolarmente sofisticato di collaborazione e di controllo fra le forze dell’ordine dei Paesi aderenti.

Da qui a novembre (quando scadrà la proroga di Bruxelles) «c’è tempo. La posizione tedesca è chiara, fino a quando le frontiere esterne non saranno sicure abbastanza, serviranno i controlli a quelle interne».

Così il ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maiziere arrivando al consiglio Ue. De Maiziere ha precisato che «la decisione non sarà presa oggi», e ha espresso scetticismo sull’ingresso di Romania e Bulgaria in Schengen, come invece sollecitato da Juncker nel suo discorso di ieri.

La Francia, la Germania, l’Austria, la Danimarca e la Norvegia, intendono dunque chiedere all’Unione europea di rendere più flessibili le regole sul ripristino dei controlli alle frontiere di Schengen in caso di minacce per la sicurezza.

La richiesta dei cinque Paesi verrà formalizzata nel consiglio affari interni di oggi, giovedì, a Bruxelles.

Dinanzi alla minaccia del terrorismo, affermano le fonti, le regole attuali sono eccessivamente «rigide».

Quindi l’appello dei cinque ad estendere il «periodo massimo» consentito per sospendere Schengen, dagli attuali 6 mesi a 2 anni per i casi di «minaccia grave alla sicurezza» e da 2 anni a 4 anni per i casi «eccezionali», com’è attualmente il caso in Francia.

Parigi ha reintrodotto i controlli alle frontiere dopo gli attentati parigini del 13 novembre 2015 ma tra qualche settimana la deroga di 2 anni concessa da Bruxelles volgerà a termine.

Gli altri Paesi che hanno ripristinato i controlli dal 2015 sono Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia, questa volta per questioni legate alla crisi dei migranti.

La sospensione eccezionale della libera circolazione volgerà a scadenza l’11 novembre 2017 e la Commissione europea ha già avvertito che non ci saranno nuove deroghe per motivi legati ai flussi migratori.

Il documento che i cinque porteranno al Consiglio Affari Interni non evoca questa fattispecie, ma generiche minacce per la sicurezza.

Nel corso di un intervento a Orlèans, a fine luglio, il presidente francese Emmanuel Macron aveva auspicato che il «sistema Schengen venga modificato insieme alla Germania per permettere il ripristino di questi controlli in caso di crisi migratoria».

E secondo informazioni pubblicate oggi in prima pagina sul quotidiano Le Monde, Macron prepara una «estensione massiccia» dei controlli di identità.

L’esecutivo di Parigi - precisa il giornale -  intende ridefinire le  «zone frontaliere» e introdurre «nel diritto comune delle disposizioni che permettono di derogare le regole» della libera circolazione Ue.

Orchestrata in nome dell’antiterrorismo, la riforma blinda anche l’immigrazione clandestina, sintetizza Le Monde.

Dietro a un «aggiustamento tecnico in un capitolo secondario di un progetto di legge incentrato sulla lotta al terrorismo - scrive Le Monde - il governo prepara un’estensione massiccia dei controlli di identità ai quali la polizia potrò procedere sull’insieme del territorio in nome della lotta alla ‘criminalità transfrontalierà».

Secondo i conteggi effettuati dal giornale, «due terzi della popolazione» potrebbe ritrovarsi «inglobata in questa nuova definizione di zone frontaliere in cui la polizia non ha bisogno del via libera della giustizia per lanciare operazioni di controllo».

Le Monde ricorda che lo stato d’emergenza decretato nella notte degli attentati parigini del 13 novembre prevede, tra l’altro, la sospensione temporanea della libera circolazione Schengen. Secondo le regole di Bruxelles, questa deroga eccezionale scade il 31 ottobre.

Per uscire da questa situazione - continua Le Monde - «il governo ha dunque scelto, come per lo stato d’emergenza, di introdurre nel diritto comune delle disposizioni che attribuiscono alla polizia più o meno le stesse prerogative che nei periodi eccezionali» nel controllo delle zona frontaliere.


In Italia questo scenario piace alla destra: «Salvini al governo chiede la revisione Trattati europei, da Maastricht a Schengen. Il problema non è uscire dall’euro ma come si fa ad avere una moneta comune con diversi sistemi fiscali?»,afferma Matteo Salvini che conferma che l’abolizione della Fornero sarebbe il primo provvedimento di un suo governo.


«Dalla prima pagina del quotidiano »Le Monde« si apprende che il Presidente francese Macron vuole ridiscutere le regole di Schengen e istituire nuovi controlli alle frontiere. È diventato un feroce populista, oppure è puro buon senso di questi tempi?», scrive su Facebook Giovanni Toti, presidente della regione Liguria e consigliere politico di Silvio Berlusconi.

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