Papa Francesco in Africa «Dio è pace, basta violenza»

«Il nostro Dio è Dio della pace, il suo santo nome non deve mai essere usato per giustificare l'odio e la violenza. So che è vivo in voi il ricordo lasciato dai barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera: troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e lacerare il tessuto stesso delle nostre società; quanto è importante che siamo riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace, che invitano gli altri a vivere in pace, armonia, e rispetto reciproco».

Parole scandite da papa Francesco, in italiano, davanti ai leader interreligiosi radunati nella nunziatura di Nairobi.

Il papa ha citato le stragi compiute da al Shabaab, che parla di guerra santa e in Kenya, come altrove, uccide cristiani, animisti, ma anche islamici, chiunque si opponga ai propri disegni di terrore e possa attirare sulla fazione jihadista una macabra popolarità mondiale. Garissa è il nome che più colpisce i keniani, giacché lo scorso aprile in quel collegio al Shabaab ha ucciso 148 persone, quasi tutti ragazzi.

E Bergoglio parla esplicitamente di "giovani resi estremisti in nome della religione, per seminare discordia".

Papa Francesco ha parlato dopo gli interventi di Peter Kairo, vescovo di Nyeri e capo della Commissione per il dialogo interreligioso, di Abdulghafur El-Busaidy, coordinatore nazionale del Supremo consiglio dei musulmani del Kenya(Supkem) e dell'arcivescovo anglicano Eliud Wabukala, della cattedrale di Ognissanti. All'incontro, nel salone della nunziatura di Nairobi, hanno inoltre partecipato altri esponenti sia musulmani che protestanti che delle religioni tradizionali, nonché 7 personalità civili che nel Paese sono particolarmente impegnate nella promozione del dialogo interreligioso.

Dopo i discorsi, papa Francesco ha potuto salutare individualmente i partecipanti.

I tre esponenti religiosi che hanno parlato prima del Papa, hanno tutti insistito sul dialogo interreligioso ma hanno anche parlato della enciclica "Laudato si'" che papa Francesco ha dedicato all'ambiente, e dei temi ad essa collegati. Peter Kairo ha apprezzato la "libertà religiosa garantita dalla costituzione del Kenya" e l'impegno interreligioso dei keniani, indicato anche dalla presenza di diversi organismi di dialogo, tra cui il National council of Churches e l'Interreligious council of Kenya.

L'esponente islamico, ricordando che il Supkem è attivo in Kenya dal 1973, ha usato parole molto forti per condannare le distorsioni delle fedi e il "dovere dei leader religiosi di promuovere giustizia, amore, fiducia e speranza".

"Non possiamo certo continuare in questa direzione", ha affermato El Busaidy dopo aver elencato i molti mali sociali, compresa la "religione senza spiritualità". L'esponente musulmano ha citato ampiamente i temi della "Laudato si'" ed anche l'insegnamento sul clima di Hans Kung. Il reverendo Wabukala ha ricordato come l'Africa sia "un crocevia spirituale", e ha citato con preoccupazione "le crescenti attività di terrorismo e radicalismo, che minacciano la pace e la coesistenza, e la integrazione tra le fedi e le comunità in Kenya".

Dopo questo primo appuntamento della giornata, papa Francesco si è recato alla università di Nairobi, nel cui campus celebrerà la messa. (giovanna.chirri@ansa.it).
Il Papa ha parlato nella State House di Nairobi, accolto dal presidente Uhuru Kenyatta, figlio del padre del Kenya moderno, Jomo Kenyatta, e dalle autorità e dal corpo diplomatico del Paese.

"Violenza, conflitto e terrorismo" ha detto il papa nel suo primo discorso pronunciato in inglese, e concluso con un saluto in Swahili,  "si alimentano con paura e disperazione" che "nascono da povertà e frustrazione". "La lotta contro questi nemici della pace e della prosperità - ha detto il Papa a Nairobi - deve essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita" del Kenya.

"Fintanto - ha rimarcato il pontefice - che le nostre società sperimentano le divisioni, siano esse etniche, religiose o economiche, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a operare per la riconciliazione e la pace, per il perdono e per la guarigione dei cuori. Nell'opera di costruzione di un solido ordine democratico, - ha aggiunto - di rafforzamento della coesione e dell'integrazione, della tolleranza e del rispetto per gli altri, il perseguimento del bene comune deve essere un obiettivo primario. L'esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione".

"In ultima analisi - ha commentato il pontefice - la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità deve essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e danno coerente testimonianza". "Mungu abariki Kenya", ha concluso il Papa, cioè "Dio benedica il Kenya", in lingua swahili.

"Più delle persone mi fanno paura le zanzare", aveva risposto Papa Francesco a un giornalista inglese che gli ha chiesto se temesse per la propria incolumità. Bergoglio ha parlato mentre era a bordo dell'aereo papale che lo portava in Africa. Il Pontefice, spiega l'Osservatore Romano, ha voluto anche ringraziare i membri dell'equipaggio dell'aereo. Al comandante che gli ha promesso che avrebbero fatto di tutto per consentirgli anche la tappa centrafricana, Francesco ha risposto: "Io voglio andare in Centrafrica, se non ci riuscite, datemi un paracadute!".

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