Bimbo palestinese ucciso da terroristi israeliani: sale la tensione

Sale la tensione in Cisgiordania dopo la morte di un bebè palestinese di 18 mesi in un incendio doloso provocato da molotov lanciate da coloni ultraortodossi ebrei, nel villaggio di Duma presso Nablus. Sulle pareti della sua casa c'erano scritte in ebraico: "Vendetta"  e "Viva il Messia". Dopo l'accaduto, incidenti fra dimostranti palestinesi e reparti dell'esercito israeliano sono segnalati in diverse località della Cisgiordania fra cui Hebron ed alcuni villaggi vicini.

Sono ricoverati in condizioni critiche i familiari di Ali Dawasbsheh. La madre e il fratello di 4 anni sono adesso nel reparto di rianimazione dell' ospedale Tel ha-Shomer di Tel Aviv. Il padre è ricoverato nell'ospedale Soroka di Beer Sheva con ustioni sull' 80 per cento del corpo.

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha visitato in un ospedale di Tel Aviv il fratello del bambino morto nel rogo. ''Sta lottando per sopravvivere. Metteremo i migliori dottori a sua disposizione per restituirgli la salute e per salvare le vite dei genitori. È stato duro stare vicino al suo letto sapendo che il fratello piccolo è stato ucciso. Il terrorismo è sempre terrorismo. Prenderemo gli assassini, li sottoporremo alla giustizia e li condanneremo'', ha detto.

Ma da parte palestinese si replica che a fomentare questo terrorismo è stata la politica israeliana a favore dell'occupazione di terre da parte dei coloni ebraici, che sono rappresentanti anche nel governo di cui fanno parte pure esponenti dell'estrema destra integralista. Israele è responsabile del ''crimine odioso'' di Duma, afferma Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente palestinese Abu Mazen. L'Anp accusa Israele di aver sistematicamente esteso la colonizzazione e di aver garantito impunità ai coloni, e intende chiedere alla Corte penale internazionale che punisca i colpevoli.

Reazioni di collera giungono da Gaza. Secondo quanto riferisce la televisione al-Aqsa, Hamas ha lanciato un appello agli abitanti di Nablus di riversarsi in strada in manifestazioni di protesta al termine delle preghiere del venerdì nelle moschee. La Jihad islamica fa appello all'Anp affinché tronchi la cooperazione di sicurezza con Israele.

Ad Aisha Abdel Hafish tremano ancora le mani mentre racconta quello che ha visto dalla sua finestra la notte scorsa: due corpi che convulsamente si contorcevano avvolti dalle fiamme. E le urla strazianti. I corpi erano quelli dei genitori del piccolo Ali Dawabsheh, il bimbo di diciotto mesi bruciato vivo a Duma, nel nord della Cisgiordania, ad opera presumibilmente di coloni estremisti di un insediamento vicino. "La prima ad arrivare è stata la moglie", dice la sorella di Aisha all'Ansa. "Era discinta, aveva i capelli e il viso bruciati, sulla schiena le coperte in fiamme appiccicate alla pelle: era in stato di shock, urlava e recitava sconnesse sure del Corano".

Il marito, raccontano le sorelle Hafish, è arrivato poco dopo, e le sue condizioni erano ancora più drammatiche: "Sanguinava e scalciava, è stato terribile", ricorda Aisha visibilmente scossa. I vicini raccontano che il padre, già seriamente ustionato, ha provato ad estrarre il piccolo Ali dalle fiamme, ed il suo disperato tentativo potrebbe essergli fatale. Il corpo di Ali è stato recuperato solo dopo l'intervento dei pompieri. Il secondo figlio, Ahmed, quattro anni, è in gravi condizioni, ma non in pericolo di vita. La coppia, Riham e Saad Dawabsheh, trasportata con un elicottero militare, è ricoverata in condizioni disperate in due dei migliori ospedali di Israele.

Secondo la ricostruzione degli abitanti, intorno alle due di notte, quattro uomini mascherati sono stati visti allontanarsi dall'abitazione dei Dawabsheh e successivamente si sono viste vampate sprigionarsi dall'edificio. "Appena ho visto levarsi le fiamme sono corso sul retro per staccare la bombola del gas", racconta Nasser, 22 anni, uno dei primi ad accorrere sul posto. "Ho notato le scritte, ho subito pensato ad un attacco dei coloni".

Stava scritto in ebraico, con lo spray: "Vendetta", "Lunga vita al Messia" e la stella di Davide apposti.

Non sembravano lasciare dubbi sulla matrice nazionalistico religiosa dell'atto terroristico. L'interno della casa è un'amalgama di mobili, plastica fusa, pezzi di legno carbonizzato.

I muri completamente anneriti. Solo la piccola cucina conserva una parvenza di normalità. Per terra ancora alcuni centimetri di acqua mischiati al materiale arso.

Al funerale del piccolo, celebrato ieri pomeriggio, al quale ha partecipato anche il primo ministro palestinese Rami Hamdallah, la gente era ancora visibilmente scioccata. Bandiere di Hamas e di Fatah sventolavano dalle case, ma da parte degli abitanti non c'era intenzione di politicizzare la tragedia, come spesso invece avviene per quelli che i palestinesi chiamano "shuhadaa" (martiri ndr), i giovani che hanno perso la vita durante scontri con le forze israeliane. Il corpicino, avvolto nel tricolore palestinese e con una kufyeh sul capo, è stato adagiato in una piccola fosse del cimitero del villaggio, davanti agli occhi ancora esterrefatti dei partecipanti.

A Duma la gente ierii aveva poca voglia di parlare. Gli anziani seduti in disparte tenevano sulle ginocchia i nipotini. Le donne osservavano dai balconi, proteggendosi dal solleone. "Abbiamo paura", ha sussurrato Aisha. "Abbiamo paura per i nostri figli".

 

 

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