Tsipras anti-austerity sfida i «falchi» e invita alla calma La Bce lascia spiragli, ma è forte il rischio default

Il premier greco Alexis Tsipras tuona contro il «vergognoso ricatto» dei creditori europei: «Vogliono soffocarci, manteniamo la calma», ha detto ieri sera in un discorso alla nazione. Con il rischio di crack finanziario pubblico dietro l'angolo, il premier conferma che lo scontro è ideologico tra rigoristi liberisti Ue, che impoveriscono i più deboli, e i progressisti di sinistra che mettono prima di tutto il benessere collettivo. Da qui il rilancio di una visione che vada oltre le ricette di austerità e costi sociali imposte da Bruxelles in questi anni.

Tsipras chiede di nuovo una estensione del piano di aiuti fino al referendum, secondo una lettera inviata ai leader Ue e citata dal Financial Times.
«Vorrei chiedere che il vostro governo riveda la propria posizione sulla vicenda e sostenga la richiesta della Repubblica ellenica di una riconsiderazione da parte dell’Eurogruppo con l’obiettivo di concedere» l’estensione. «Questa decisione contribuirà a raggiungere lo scopo comune di un accordo reciprocamente vantaggioso, di assicurare una sostenibilità di bilancio e fiscale che permetterà alla Grecia di tornare alla crescita entro l’Eurozona», prosegue il premier ellenico nella missiva inviata al primo ministro del Lussemburgo, Xavier Bettel, che questa settimana assumerà il semestre di presidenza dell’Ue.

Dalle Borse in apertura i primi segnali di allarme, ma le flessioni per ora sono contenute. Per quanto riguarda la politica italiana, se la minoranza del maggiore partito di governo, il Pd, invita a ricucire lo strappo, come dice l'ex segretario Bersani, dal governo il ministro dell'economia Padoan ribadisce il pieno appoggio alla linea dura Ue e si premura soiprattutto di negare che un eventuale fallimento greco possa avere ripercussioni in Italia.

«Spezzare le reni alla Grecia? No. Riprendere subito le trattative», scrive Pier Luigi Bersani su Twitter, lasciando intendere una forte critica implicita a chi in Europa persiste nella linea del rigore di bilancio a scapito delle condizioni di vita concrete delle popolazioni.

Pier Carlo Padoan invece se la prende con Atene: «La la decisione greca è intervenuta dopo che l'Eurogruppo si è riunito quattro volte in una settimana... Siamo arrivati a questo punto dopo quattro mesi durante i quali si è perso molto tempo».

Il presidente francese Francois Hollande critica Tsipras: «Deploro la scelta di Atene. Eravamo vicini a un accordo», ha detto il presidente francese.

Tsipras tuona contro l'Unione europea che non ha concesso nemmeno una dilazione di cinque giorni della deadline del 30 giugno, quando Atene dovrebbe pagare una maxirata ai creditori, dilazione chiesta in attesa del referendum fissato per il 5 luglio.

La cancelliera tedesca parla della crisi più grave mai vissuta dal'Unione europea fin dalla firma dei trattati nel 1957. Il presidente Usa Barack Obama telefona a Berlino e manifesta la sua preoccupazione se continuerà la linea dura verso Atene: apparentemente quello di Washington è un invito a un'apertura di credito e a politiche meno rigide e più espansive.

Nel frattempo, però, la Bce di Mario Draghi lascia aperta ma non aumenta la linea di liquidità che potrebbe permanere fino alla celebrazione del referendum sul piano di rientro, in programma il 5 luglio; sarà invece bancarotta dello Stato, se Francoforte chiuderà i rubinetti prima di allora (come volevano fare i creditore di Atene, contrari a ogni dilazione della scadenza del 30 giugno).

Se domenica il popolo greco ascolterà il premier e voterà no alle nuove misure di rigore chieste alla Grecia, si andrà a un default controllato che aprirà scenari di incertezza. Se vincesse invece il sì a una nuova stagione di sacrificio, probabilmente si chiuderà la breve stagione del governo di sinistra e subentrerà un esecutivo che, come quelli precedenti, sarà disposto ad accettare le condizioni dettate da Ue, Fondo monetario internazionale e istituti finanziari.

Intanto, dopo l'annuncio della chiusura, una settimana da oggi, delle banche e della Borsa per prevenire speculazioni ed «evitare il collasso finanziario», il governo greco fa sapere che stasera dovrebbero riaprire gli sportelli automatici, ma consentiranno di ritirare in contanti solo 60 euro al giorno per utente, sempre ai fini di controllare i rischi di fuga dei capitali in una momento di fibrillazione, con la presenza del Paese nel'Eurogruppo che rischia di finire appesa a un filo.

«Il referendum non riguarda una rottura con l'Europa», ha detto ieri sera Tsipras rivolgendosi all'aula. Il referendum di domenica ci sarà, «che lo vogliano o meno i nostri partner».

«Difenderemo la democrazia, la sovranità popolare e i valori fondamentali dell'Europa», ha dichiarato Tsipras, citato dall'agenzia Ana, aggiungendo di non dover certo chiedere il permesso al ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble o al capo dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. La decisione del Parlamento è arrivata dopo una giornata ad altissima tensione in cui Dijsselbloem ha confermato che l'attuale programma di aiuti scadrà il 30 giugno. Vuol dire che da mercoledì la Grecia sarà ufficialmente in default.

Il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis non perde comunque la speranza di arrivare a un'intesa in extremis: «Angela Merkel - ha dichiarato in un'intervista alla Bild - ha le chiavi per un accordo immediato. Spero le usi».

Il ministro greco ha poi rilanciato la sua idea che la Bce giri direttamente al Fondo monetario gli interessi incassati dal collocamento dei bond greci nel 2014: «Noi abbiamo un credito e un debito simili con gli stessi creditori della Troika: perché non possono spostare quei soldi tra di loro, da una tasca all'altra?».

Intanto non nasconde la propria delusione il direttore del Fmi, Christine Lagarde che però si dice pronta a proseguire il confronto: «Continuo a credere che un approccio equilibrato è richiesto per aiutare la ripresa della stabilità economica e della crescita della Grecia».

Un segnale distensivo arriva dalla Bce. Non sarà la Banca europea a far precipitare l'euro nel baratro. Il governatore Mario Draghi ci tiene a far sapere che la Banca centrale sostiene l'impegno dei paesi Ue per far fronte alla crisi greca. «Continuiamo a lavorare strettamente con la Banca di Grecia e sosteniamo fortemente l'impegno degli stati membri ad agire per affrontare la fragilità delle economie dell'area euro».

Per dare sostegno alla sua posizione la Bce ha deciso di non ritirare la liquidità d'emergenza concessa al sistema creditizio ellenico. Il Governatore della Banca centrale greca Yannis Stournaras, dichiara: «La Banca di Grecia, come membro dell'Eurosistema, prenderà tutte le misure necessarie per assicurare la stabilità finanziaria per i cittadini greci in queste difficili circostanze».

Una maniera per sostenere, ancora una volta l'irreversibilità della moneta unica. Si tratta per il momento dell'unico elemento distensivo in un braccio di ferro fra Grecia e creditori internazionali che non mostra cali di intensità. Il governo greco, infatti, aveva chiesto espressamente alla Bce di non ritirare il sostegno finanziario alle banche greche e almeno su questo, è stato soddisfatto.

L'ansia del Paese si misura nelle file davanti ai pochi bancomat che ancora erogano denaro, dopo che solo sabato sono stati prelevato 700 milioni di euro. Il sostegno di liquidità fornito dalla Bce è l'ultimo canale di accesso ai finanziamenti ed è diventato sempre più vitale via via che cresceva l'emorragia di depositi dalle banche. Tanto che su richiesta della Banca di Grecia la Bce ha dovuto ripetutamente aumentare il suo ammontare fino agli attuali 89 miliardi di euro.

Inoltre, la Bce esercita la vigilanza diretta sulle quattro maggiori banche del Paese - Alpha bank, Banca del Pireo, Banca nazionale di Grecia ed Eurobank - ; sarà quindi essa stessa a stabilire se dispongano del pre-requisito indispensabile della solvibilità per continuare ad avere accesso a questi fondi. In caso contrario, la Bce dovrebbe chiudere i rubinetti e le banche greche esaurirebbero con ogni probabilità le liquidità in tempi brevi, costringendo le autorità a imporre controlli sulla circolazione di capitali. O addirittura una chiusura forzata degli sportelli.

In questo clima ad alta tensione il Parlamento greco infatti ha dato il via libera al referendum di domenica con cui il governo guidato da Alexis Tsipras farà decidere ai cittadini, se accettare o respingere le proposte di accordo. Il ricorso al referendum è stato sostenuto da 178 voti e bocciato da 120. A favore anche il partito di estrema destra Alba Dorata, oltre alle due formazioni di governo Syriza e Anel. Contro hanno votato i partiti europeisti - i conservatori di Nuova Democrazia, i socialisti del Pasok e il partito di centro sinistra To Potami - oltre al partito comunista Kke.

Frattanto, dopo mesi in cui sono sostanzialmente mancate prese di posizione forti e chiare da altri governi che, sulla carta, sono contrari alle politiche di rigidità, in queste ore ci si attende che alcune cancellerie europee, a cominciare da Parigi e Roma, facciano sentire la loro voce per favorire una composizione all'ultimo minuto dello scontro tra i «falchi» del nord e il grande Paese mediterraneo che rischia di scivolare nell'area di influenza russa e orientale.

Infine, si alzano voci autorevoli a favore della linea di Tsipras, come quella dei noti economisti Paul Robin Krugman, americano, e Thomas Piketty, francese, che sulla Repubblica di oggi appoggiano la linea del governo greco e l'indizione di un referendum popolare. I due studiosi criticano la linea rigorista della Ue: Krugman rimproverainj particolare la timidezza delle forze di centrosinistra che assecondano l'austerità, mentre Piketty attacca la fermezza irremovibile della Germania, Paese che in passato ha goduto di fondamentali cancellazioni e ristrutturazioni dei suoi debiti.

A tenere ancora l'indice puntato verso le responsbailità del governo greco, invece, è il ministro italiano dell'economia, Pier Carlo Padoan, che da un lato rassicura sui rischi per il nostro Paese e dall'altro critica l'atteggiamento assunto da Atene verso i creditori, «che non hanno certo assunto atteggiamenti punitivi verso la Grecia».

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