Tsipras al lavoro: «per la Ue una speranza, non un rischio»

«Non andremo ad una rottura distruttiva per entrambi sul debito: il governo di Atene è pronto a negoziare con partner e finanziatori per una soluzione giusta e duratura per il taglio del debito» greco. Lo ha detto oggi il leader di sinistra Alexis Tsipras aprendo il suo primo consiglio dei ministri.
«Siamo un governo di salvezza sociale», ha aggiunto: «Nostra priorità dovrà essere quella di affrontare la crisi umana. Il popolo pretende da noi di lavorare duramente per difendere la sua dignità. Siamo pronti a discutere con tutti.

Accoglieremo domani Martin Schultz (presidente dell’Europarlamento, ndr) e venerdì Jeroen Dijsselbloem (presidente dell’Eurogruppo, ndr). Le discussioni con loro saranno estremamente utili e produttive.

Siamo pronti ad affrontare le trattative (con l’Ue) in base al nostro progetto. Smentiremo le Cassandre, non provocheremo alcuna catastrofe ma nemmeno porteremo avanti la politica della sottomissione. Siamo pronti al dialogo con tutti».

Dopo il successo elettorale di domenica, il leader di Syriza - che incassa anche il sostegno "morale" di mons. Giancarlo Bregantini - ha varato una squadra di governo snella, tagliando da 16 a 10 il numero dei ministeri, ma ha «dimenticato» le donne: nel nuovo esecutivo nessuna poltrona, tra quelle dei ministri, si tinge di rosa.

Nelle postazioni di punta del nuovo esecutivo ellenico appare solo il nome di Zoe Konstantopoulou nella carica di presidente del Parlamento greco (che in Grecia fa parte del consiglio dei ministri) mentre sono solo sei le donne che ricoprono i circa 40 incarichi governativi, ma unicamente tra le file di vice-ministri e sottosegretari. Anche se, in alcuni casi, in posizioni strategiche: come quella del sottosegretario Elena Kountoura, che avrà le deleghe del turismo, uno dei settori di punta di Atene. E almeno in questo, Tsipras ha seguito la linea del suo rivale Antonis Samaras che contava solo una donna nel suo esecutivo, proprio nel turismo (oggi accorpato).

La presidenza del Parlamento è una nomina di alto profilo e la scelta della Konstantopoulou, avvocato esperto di diritto penale internazionale e diritti umani nota per le sue campagne contro la corruzione, è un segnale in un paese dove le pari opportunità sono ancora lontane e solo il 20% delle donne siede tra gli scranni del parlamento. Ma la bassa presenza femminile nella squadra del nuovo simbolo della sinistra radicale europea non passa inosservata. E va in controtendenza con quanto accade in Europa dove i principali leader della sinistra hanno fatto delle ‘quote rosà un cavallo di battaglia di civiltà, prima che di opportunità politica.

All’epoca di Zapatero, la Spagna chiamò più donne che uomini (9 a 8 era il rapporto). L’Italia di Matteo Renzi ha scelto la metà dei suoi ministri (8 su 16) tra la componente femminile (salvo poi sbilanciare il rapporto con il trasloco di Federica Mogherini nella Ue, sostituita da Paolo Gentiloni).

La bassa, bassissima presenza femminile nei posti di punta del suo governo, sicuramente lascerà deluse le tante donne greche che hanno sostenuto Tsipras che ha raccolto uno storico 36% in una tornata elettorale dove sono state più donne (oltre 5 milioni) che uomini (circa 4,7 milioni) ad aver diritto al voto.

Ma al grido «basta austerity», sostegno ai bisognosi e alla ripresa e - soprattutto - guerra alla Troika, Tsipras per ora ha convinto i greci che vedono in lui la «speranza» e un modello di leadership che finora non lo ha visto indifferente all’altra metà del cielo nelle scelte politiche.

Frattanto, in Europa, all’indomani del voto, ci s’interroga sullo scenario che si apre per il premier greco e il suo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che già venerdì vedranno il presidente dell’Eurogruppo.
Una valanga anti-austerity destinata a umiliare i diktat europei, o un fuoco di paglia dettato dall’emotività del momento che ora lascia Alexis Tsipras davanti al nodo più difficile, tener fede agli impegni con l’elettorato senza rovesciare il tavolo con i creditori?

Le prime salve di cannone confermano il braccio di ferro in atto da mesi sul destino dei 315 miliardi di euro di debito pubblico greco. «È impossibile» che la Grecia possa ripagarlo, avvertono dal nuovo esecutivo ad Atene. Ma arriva lo stop della cancelliera tedesca Angela Merkel (gli altri leader europei si fanno scudo dell’atteggiamento da ‘falcò di Berlino, perchè quel debito è in mano ai loro rispettivi contribuenti.

Ma dietro le quinte - con la Bce che tiene a galla almeno due banche greche con prestiti d’emergenza - è già partito il lavoro per una soluzione che garantisca a tutti di salvare la faccia.
Varoufakis, che ha definito il salvataggio greco un «circolo vizioso», già lo scorso giugno avvertiva cinico: il programma di Syriza «è pieno di buone intenzioni che non saranno mantenute».

Berlino, intanto, lancia caute aperture su un allungamento del debito, pressata da premi Nobel come Paul Krugman che mettono all’indice quotidianamente le passate scelte disastrose della troika. Jacob Kirkegaard, un analista senior dell’istituto Peterson che conosce le dinamiche nella capitale Usa e le logiche del Fmi, premette che la «valanga di voti» per Syriza è usata da molti leader Ue per spuntare concessioni da Bruxelles.
Ed è convinto che Tsipras dovrà cedere al compromesso: «Scordatevi un addio alle privatizzazioni o un rialzo drammatico del salario minimo».

Molto più probabile che Atene negozi, e ottenga, un allentamento dell’austerity, a partire dal surplus primario del 4,5% del Pil chiesto per il 2016 che a molti appare davvero chiedere troppo a un Paese stremato. In cambio, potrebbe concedere maggiori riforme strutturali, un punto dove Atene ha fatto poco. Sullo sfondo c’è il debito. Un taglio tout court sarebbe indigeribile in vista del voto nei prossimi mesi in Estonia, Finlandia, Spagna, Portogallo.
«Il debito ce l’ha in mano l’Ue, non i mercati: possono decidere con calma quanto costa», spiega Kirkegaard.

L’accordo nei prossimi mesi, che non risparmierà colpi di scena né scossoni sui mercati, si giocherà su come alleggerirlo. Fino a 2020 Atene non deve restituire gli aiuti: il termine potrebbe esser fatto slittare. A Syriza, cui i creditori chiedono un voltafaccia elettorale, non basterà. L’Ue, in tempi di deflazione, offrirà un taglio degli interessi, e una delle idee su cui si ragiona sarebbe quella di ancorarli ai tassi di crescita della Grecia e all’inflazione, fino all’estremo di una sorta di bond perpetuo a zero interessi.

Si gioca qui il negoziato, che parte serrato: c’è in ballo la liquidità della Bce e la necessità che Atene perlomeno estenda il periodo di esame del salvataggio fino a febbraio, perchè le sue banche continuino ad accedere ai fondi. Se non vuole restare tagliata fuori dal QE e continuare ad accedere ai finanziamenti di Francoforte, la Grecia dovrà poi estendere (o rinnovare) il programma con la troika o ciò che ne resta. Atene dice di poter arrivare fino all’estate, ma le scadenze (Fmi, bond in scadenza da rifinanziare) sono pressanti da subito. Far saltare il tavolo, intesterebbe a Tsipras un disastro economico pronto a scattare dalle banche in poi.

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