Sammy operato al cuore «Qui me la gioco tutta»

Futuro ricercatore e protagonista di più di un documentario sulla sua storia. Il primo paziente al mondo affetto da progeria ad esser stato operato al cuore, grazie a un delicato intervento realizzato all’Ospedale San Camillo di Roma, è Sammy Basso. Colpito da una rarissima sindrome che lo condanna a un invecchiamento troppo precoce, bruciando troppo presto la sua giovinezza biologica, Sammy si batte da anni per far conoscere la sua malattia, che colpisce appena 5 persone in Italia, un centinaio nel mondo.

Originario di Tezze sul Brenta, vicino a Vicenza, pesa appena 20 chili, per circa un metro e 40 di altezza metri, non è che un ragazzo ma ha rughe, ossa fragili e niente capelli. La sua malattia è dovuta a una rarissima mutazione genetica (del gene Lmna): chi ne soffre presenta, già da giovanissimo, patologie che caratterizzano la vecchiaia, come infarto, ictus e insufficienza cardiaca. I primi segni comparvero già a pochi mesi di vita, quando iniziò a mostrare un forte rallentamento nella crescita. La diagnosi di progeria o Sindrome di Hutchinson-Gilford (Hgps), arrivò quando aveva appena due anni e in Italia la malattia era quasi sconosciuta. Di qui la necessità di andare a curarsi oltre oceano, al Children’s Hopital di Boston, primo centro di ricerca a livello mondiale, dove si sperimentano nuovi farmaci per cercare di rallentare il decorso di questa malattia, che intacca tutto il corpo tranne le capacità mentali.

Al momento della diagnosi, secondo i medici non avrebbe superato i 13 anni. Oggi ne ha 23, è iscritto alla Facoltà di Biologia Molecolare di Padova e ha un obiettivo, «fare ricerca scientifica sulla mia malattia». Tante volte ospite in televisione, è stato protagonista del documentario prodotto negli Stati Uniti ‘Life according to Sam’ e di un docufilm in puntate ‘Il viaggio di Sammy’, andato in onda in Italia. Porta il suo nome l’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso, fondata nel 2005 dai genitori, per raccogliere fondi per la ricerca. Nonostante la sua familiarità con gli ospedali, non nasconde il terrore degli aghi e ha affrontato il complesso intervento non senza paure. «Ero consapevole che il mio cuore avrebbe potuto fermarsi da un momento all’altro. Mi sono detto: qui ce la giochiamo tutta». Il coraggio però è stato pagato.
«Sono pronto a tornare a casa a festeggiare - spiega - e riprendere tutte le mie attività».

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