Il Pd torna in piazza «Siamo tanti: 70mila»

Il Pd ritrova il suo popolo: non solo perché piazza del Popolo alla fine è strapiena (70.000 i presenti secondo gli organizzatori), ma anche perchè alla manifestazione contro il governo e contro la manovra si ricrea quella connessione sentimentale tra dirigenti e militanti persa dopo il 4 marzo. «Abbiamo capito la lezione» sintetizza efficace il segretario Maurizio Martina nel comizio finale, rispondendo ai manifestanti che più volte invocano «u-ni-tà, u-ni-tà». Un prerequisito essenziale per opporsi a un governo che da Martina a Renzi, da Calenda a Zingaretti hanno tutti definito «pericoloso» e avviato ad una «deriva venezuelana».

La scaletta della manifestazione prevedeva interventi di rappresentanti della società civile e, tra i politici, il solo segretario Maurizio Martina a parlare dal palco in chiusura. Già al primo intervento, quello di Federico Romeo, il minisindaco di Val Polcevera a Genova, dove è caduto il Ponte Morandi, appena è stata pronunciata la parola «unità», è partita dalla piazza quasi una invocazione: «unità, unità». Un appello che si è ripetuto altre quattro volte e più forte quando Martina ha detto dal palco che il Pd ha capito «la lezione» arrivata dalla piazza. Quando poi il segretario ha detto di non voler parlare di unità, ma di volerla piuttosto praticare, la risposta è stata l’ovazione della piazza.

Anche gli altri leader, che non hanno parlato dal palco ma hanno risposto ai giornalisti nel retropalco, si sono sintonizzati con la piazza: «dobbiamo riscoprire l’ebbrezza del noi» ha affermato Nicola Zingaretti e Matteo Renzi ha detto che «chiunque vinca il congresso dovrà essere sostenuto da tutti» evitando «il fuoco amico che a volta c’è stato nel passato». E unità di fronte a «un governo pericoloso» l’ha chiesta anche Carlo Calenda, che ha confessato di tornare ad una manifestazione dopo 25 anni.

Altra ovazione quando Martina ha detto quello giallo-verde «è un governo di nazionalisti di destra», «oscurantista», che vuole tornare indietro sui diritti civili, un esecutivo a cui opporsi con decisione non solo perchè non tiene i conti in ordine, ma perchè oltre a non pensare al lavoro, «promette più sicurezza in cambio di minore libertà». Per non parlare delle «deriva venezuelana», denunciata da Matteo Renzi, con l’affaccio dal balcone di Di Maio che ha scioccato molti militanti dem.
«Una cosa da Repubblica delle banane» ha chiosato Martina.

Una piazza fatta di persone normali, quella del Pd: molte coppie e anche molti giovani. Persone motivate e pronte a rispondere alle sollecitazioni che arrivavano dal palco. «Agli elettori che non ci hanno votato il 4 marzo - ha poi assicurato Martina - dico che abbiamo capito la lezione. Vedo i nostri limiti ma a loro chiedo ‘dateci una manò, perchè questo governo è troppo pericoloso». Perciò ora «serve un nuovo Pd per una nuova sinistra». Sì, perchè «noi siamo fondamentali, lo dico senza arroganza, ma senza di noi non ci sarà una sinistra in Italia».

Gli abbracci tra Renzi e Paolo Gentiloni, dopo la freddezza delle scorse settimane, e tra Renzi e Martina, le strette di mano e la presenza di tutti i leader sembrano parlare di una lezione capita.  E Renzi non può fare a meno di scherzare: «Salvini ha detto che eravamo quattro gatti? Si ricordi che i gatti hanno sette vite».

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