Autonomisti contro Enrico Mentana Pruner (Patt): «Caro Chicco ti scrivo»

Il «caso Mentana e l'autonomia trentina» prosegue. Peggio di una telenovela. Dopo le esternazioni di Enrico Mentana sull'autonomia speciale non si arrestano le reazioni del mondo politico. Sotto il tendone del Festival delle Resistenze, il direttore del Tg LA7 sabato 23 ha detto la sua in merito ai privilegi del nostro territorio.

«Duole dirlo qui in Trentino - ha affermato il noto giornalista televisivo - ma le regioni e Province a Statuto speciale non hanno più senso. Ci sono state delle condizioni storiche che hanno determinato queste autonomia: il multilinguismo, le minoranze. Ma dagli anni Settanta, con le regioni elettive, sarebbe ragionevole che l’autonomia l’avessero o tutte o nessuna».

E se tanti giovani presenti, trentini e non, si sono spellati le mani a forza di applausi («Ha solo detto che il Re è nudo» si legge sui social), da parte dei rappresentanti delle istituzioni e della cultura provinciale non è mancata la dura reprimenda. Il "Mentana pensiero" non piace.

CHI HA RAGIONE? VOTA IL SONDAGGIO

Della questione hanno parlato, tra gli altri, la linguista Federica Ricci Garotti e l'ex presidente della Provincia di Trento Carlo Andreotti.

Ora, via Facebook, prende la parola Walter Pruner, collaboratore del gruppo consiliare del Patt (Partito autonomista trentino tirolese), figlio di Enrico Pruner (fondatore del Pptt e del Patt, nato dall'unione di Pptt e Uatt).

Ecco qui sotto le sue parole.

«Raccolgo alla lettera l’invito di un brillante Mentana, che ha richiamato tutti ad un confronto sui temi della nostra società senza retromarce ed a viso aperto.

Nell’abile dissertazione di un “Mitraglietta” in perfetto spolvero, pur se meno elegante dell’educato conduttore Mantovan, il tema dell’ autonomia regionale è caduto purtroppo sotto i colpi di un generalismo che a mio modesto parere fa torto alla nostra Comunità».

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«L'ANALISI SBAGLIATA»

«L’analisi di Mentana basa i suoi principi sul fatto che la globalizzazione impone l’abbattimento di inutili regionalizzazioni, che Villafranca nulla ha di diverso rispetto a Rovereto, che in Sicilia l’ordinamento a statuto speciale consente assunzioni di decine di migliaia di forestali inutilizzati, che in Valle d’Aosta lo scandalo del Casinò è paradigmatico di un privilegio autonomistico che non ha senso».

ALTO ADIGE INCOMPRESO

«Con sufficiente ilarità egli parla poi di un Alto Adige che se vuole può andarsene con l’Austria, ignorando un risarcimento obbligato ed un rispetto che spetta ad una Terra vilipesa nel proprio profondo».

«CHICCO GIGIONEGGIA»

«Gigioneggia di una Svp che sta alla riforma della legge elettorale come il lasciapassare del Benevento allo svolgimento dei campionati mondiali di calcio. Sillogismi, paragoni, battute ad effetto anemiche sotto il profilo dei contenuti, che avrebbero potuto essere al massimo complementari ad un ragionamento più articolato che invece ha preferito evitare».

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Ciononostante è stato però molto utile che Mentana abbia aperto quella sorta di breccia omertosa senza la quale avremmo continuato a sottovalutare la distanza tra il nostro tifo autonomocentrico e troppo localistico e la realtà: egli ha fatto alla fine da megafono ad un comune sentire nazionale che già i parlamentari regionali a Roma avvertono come ostile e che ci rende letteralmente antipatici e respingenti a livello nazionale in tema di autonomia sinonimo di privilegio e sperequazione».

LEGITTIMO DIRITTO DI CRITICA

«La terzietà di Mentana attribuisce maggiore peso specifico alle sue valutazioni proprio perché affermate non da un segretario di partito o da un rappresentante politico ma da un attento osservatore della società. Non é stato atto di eresia il suo ma legittimo diritto di critica, ancorché non condivisibile».

AUTONOMIA E ODORE DI PASSATO

«Il punto dunque é un altro. Se un uomo tra i massimi esponenti dell’informazione nazionale, direttore di giornale, con un pedigree di assoluto valore, giornalista di cultura ed in assoluta onestà intellettuale - che certo non era a Trento per inaugurare campagne di voto o a caccia di consenso elettorale - trova nel nostro modello autonomistico solo l’odore di passato, il profumo di privilegio, un feticcio storico blasfemo, una sorta di limaccioso disturbo istituzionale, qualche domanda su come riusciamo a comunicare le ragioni della nostra Autonomia dobbiamo porcele».

CORRUZIONE, IN TRENTINO NON ABBIAMO ANTICORPI

«È chiaro che quanto accade nelle altre regioni a Statuto speciale potrebbe accadere anche in quelle a Statuto ordinario: malversazione, corruzione, peculato, truffe appartengono al genere umano, ma nulla rilevano nel rapporto tra Autonomia e malgoverno. Nessuno può ritenere che l’Autonomia trovi le sue ragioni in una sorta di taumaturgica funzione di mali che sono insiti nella natura stessa dell’uomo».

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L'autonomista Walter Pruner

I PUNTI DI FORZA

«Tre invece individuo essere i punti di forza che vengono generalmente espressi a diverso livello a sostegno del senso della nostra specialità ordinamentale: le ragioni storiche, il prevalere delle competenze assunte e rivendicate rispetto ai flussi finanziari in entrata, la nostra capacità di saperci governare meglio degli altri. Dette argomentazioni non sono evidentemente corrosive, non convincono e non sono chiaramente più sufficienti».

I SOLDI DI ROMA SPEDITI A TRENTO

«In maniera molto basica, essenziale, superficiale quanto ahimè incisiva, ci viene contestato il fatto che noi godiamo di risorse finanziarie inviateci da Roma senza le quali non saremmo quello che siamo e che in presenza di queste anche le altre regioni saprebbero ben operare.

Questo é l’incastro mediatico esatto che alla modesta qualità della rete basta per giustificare la nostra scomparsa come regione autonoma. E noi agli effetti di questo strumento informatico non possiamo sottrarci, con questo dobbiamo fare i conti.

È chiaro che a fronte di risposte di questo tipo non sono sufficienti giustificazioni conservative. Occorre andare oltre, occorre giocare la carta di una maggiore modernità e coraggio, mettendo per esempio sul tavolo se serve, e serve, anche l’attualità delle rivendicazioni autonomiste catalane o quelle curde del recentissimo referendum, dicendo che nella nostra Terra il conflitto cruento fu evitato in presenza di una cornice istituzionale ottima allora ed ancora oggi insostituibile ancorché ovviamente aggiornabile».

E i focolai di guerra che stanno trasformando intere regioni nel mondo anche a noi vicine, Libia docet, in vere e proprie polveriere, non hanno forse alla base anche irrisolti problemi tra etnie che le logiche dello sterminio di massa nel secolo scorso risolsero con scorciatoie di sangue?

Occorre dire che l’Autonomia affonda radici in una storia che non è oggi l’unica sua giustificazione, ma ne è la premessa. Un intero complesso di norme facenti parte il nostro dna storico hanno permesso ai nostri territori di vivere prima e meglio di altri declinazioni politiche di primo livello quali la scuola, il catasto, l’elettrificazione, un sistema solidaristico e di volontariato padre dell’attuale Protezione civile».

ANCORA MOLTA STRADA DA FARE

«Ma si pensi pure alla governance in materia di strade, di ambiente, sanità, di università, di ricerca o anche più semplicemente al livello generale di benessere raggiunto. Questi dati sono il risultato di un percorso che, piaccia o non piaccia, rappresentò nei secoli fertilizzante sociale, premessa ad una spina dorsale di stampo autonomista oggi vigente e comunque promossa nei fatti.

Sicuramente molto e di più innovativo c’è ancora da fare. Sicuramente i compiti sarebbero potuti essere svolti meglio e potranno raggiungere livelli superiori, non vi è dubbio. Ma il punto riguarda la validità di un impianto che fa del nostro modello inteso come impalcatura istituzionale una moderna, geniale rivoluzione istituzionale riconosciutaci anche all’estero e supportata da fatti non di sicuro riconducibili ai 20.000 forestali assunti in Sicilia, dei quali francamente non so che responsabilità la Regione Trentino Alto Adige abbia».

AUTONOMIA DINAMICA

«Ovviamente tutto ciò non è sufficiente se non accompagnato da un concetto di Autonomia dinamica, quella che pensa, produce e ha il coraggio anche di sbagliare. È la stessa Autonomia di cui abbiamo bisogno che ci impone livelli sempre straordinari ed obbiettivi non ordinari, gli unici capaci di farci viaggiare su binari di eccelenza richiesti a chi in classe si trova nei primi banchi».

L'EQUIVOCO

«E da qui l’equivoco insopportabile di imporre, da parte di una cultura centralista che si sperava superata alla fine del secolo scorso, un livellamento verso il basso, omologando per difetto meriti innegabili e costringendo chi tali meriti ha avuto, a rientrare non si capisce perché entro moduli di gioco minimalisti ed estranei. Un po’ come se all’interno di una classe si imponesse ai migliori di studiare di meno per non mettere in difficoltà gli altri».

ROMA PRENDA ESEMPIO

«Si alzi invece il livello generale, anziche abbassare quello particolare. Si porti l’astina della politica nazionale su contenuti riformatori veri e attraverso autentici atti di riforma, non apparenti. Alle cesoie istituzionali invece, contrapponga Roma un serio percorso di riforme in senso autenticamente autonomistico, di responsabilizzazione regionale, con il coraggio di chi governando pone i modelli virtuosi a riferimento e non a deferimento».

 

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