Rostagno nella Treccani Da Trento all'assassinio

di Fabrizio Franchi


L a figura di Mauro Rostagno cresce con il passare del tempo. Dopo il significativo riconoscimento ottenuto anche a Sociologia a Trento, ora è l’Enciclopedia Treccani che l’ha inserito nell’88° volume del Dizionario Biografico degli Italiani (di Robusti e Roverella) pubblicato da pochi giorni.

Il volume contiene la biografia di questo personaggio particolare, alternativo, che ha inseguito per tutta la sua breve vita ideali sociali e civili. Di per sé la voce, realizzata da Maria Pia Bigaran, è solo una ricostruzione degli anni vissuti dall’ex militante di Lotta Continua. Ma è l’inserimento nella Treccani, che è uno degli elenchi più prestigiosi della cultura italiano e internazionale che ne certifica il valore e decreta la sua immortalità.

Bigaran ripercorre tutte le principali tappe della sua vita, dalla nascita a Torino il 6 marzo 1942 al primo matrimonio appena diciassettenne con Maria Teresa Conversano, dalla iscrizione alla neonata facoltà di Sociologia a Trento (dove - ricorda Bigaran - conobbe Marco Boato, Luigi Chiais, Renato Curcio ) al contributo (con lo stesso Boato, Luigi Bobbio, Enrico Deaglio, Guido Viale, Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani ) alla nascita del gruppo della sinistra extraparlamentare Lotta Continua.

Fin dall’inizio quella di Mauro Rostagno fu una vita di «rottura». La biografia ricorda che a Trento fu prima promotore della teoria dell’«università negativa».

Dopo lo scioglimento del gruppo nel maggio 1976, iniziò una nuova fase della sua vita che lo vide fondatore a Milano del centro Macondo (dal nome del villaggio dove lo scrittore Màrquez aveva ambientato il romanzo Cent’anni di solitudine) che fu anomalo e alternativo nella sinistra extraparlamentare, generato dalla dissoluzione delle organizzazioni politiche della nuova sinistra. La Treccani mette l’accento su due slogan coniati da Mauro Rostagno: «Disgregazione è bello» e «Dopo Marx, aprile», che ne connotano il suo carattere beffardo e controcorrente.

Rostagno si avvicinò poi alla predicazione del guru indiano Bhagwan Shree Rajbeesh (noto come Osho) e, con la seconda moglie Chicca ( Elisabetta Roveri ) e la figlia Maddalena , nel 1979, con il nome di Sanatano (eterna beatitudine), andò a vivere nella comunità di Puna. Tornato in Italia nel 1981, andò a vivere a Lenzi di Valderice (Trapani) dove, insieme a Francesco Cardella, fondò la comunità di Saman, una struttura di recupero per tossicodipendenti, non autoritaria ma fondata su «un patto tra uomini liberi».

È questa ultima fase della vita di Rostagno, che tornò a impegnarsi con una nuova attività di giornalista con Rtc (Radio tele cine), denunciando le pratiche mafiose, la corruzione dell’amministrazione e del ceto politico locale. Inchieste che gli costarono la vita: il 26 settembre 1988 gli spararono.

Ventisei anni dopo una sentenza ha stabilito che il mandante dell’omicidio è stata la mafia siciliana. In particolare sono stati condannati due esponenti della mafia trapanese, Vincenzo Virga e Vito Mazzara), dopo vicende giudiziarie che prima tentarono collegamenti con l’ambiente di Lotta Continua e con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi e poi seguirono una pista interna alla comunità di Saman che portò anche all’arresto per favoreggiamento della moglie Chicca.

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