La Cassazione conferma le condanne per i genitori indiani che abusarono la figlia col peperoncino

Confermate quasi interamente, dalla Cassazione, le condanne per sequestro di persona, lesioni, calunnia e violenza sessuale a carico di una coppia di indiani che non voleva che la figlia sposasse un giovane uomo di casta inferiore e per questo lo aveva calunniato, rapito e fatto picchiare, bastonando anche la ragazza e violentandola con il peperoncino. La vicenda è avvenuta nel mantovano nell’ambito della comunità sikh.

La Suprema Corte - con la sentenza 4964 depositata oggi e relativa all’udienza svoltasi lo scorso otto settembre - ha per lo più, anche se non interamente, condiviso il verdetto emesso il 28 novembre dalla Corte di Assise di Appello di Brescia nei confronti di Jaspir Kaur, condannata a 21 anni e sei mesi di reclusione e riconosciuta come istigatrice del sequestro del povero Shingara Singh, e di suo marito Baldwinder Singh, condannato a 11 anni e nove mesi.

La coppia, inizialmente, aveva accusato Shingara di aver violentato la loro figlia e il giovane agricoltore residente a Vasto di Goito aveva passato in carcere un anno in custodia cautelare per poi essere del tutto assolto. Una volta uscito dalla prigione, Shingara venne sequestrato su ordine di Jaspir e tenuto sei giorni in un tempio sikh e malmenato tanto da riportare lesioni e la perforazione dei timpani. In questo modo la donna - madre della ragazza sedicenne per la quale lui aveva fatto la richiesta di matrimonio - voleva costringerlo a firmare un documento nel quale rinunciava ad ottenere il risarcimento danni per l’ingiusta detenzione dovuta al fatto che marito e moglie avevano costretto la figlia e altri testimoni ad accusarlo. Solo l’intervento della polizia, il dodici marzo 2011, lo liberò e il giovane fu messo sotto protezione.

Il verdetto dei supremi giudici oltre a riconoscere il ruolo di promotrice del sequestro di Jaspir, ha reso definitiva la condanna per violenza sessuale dei due coniugi che avevano costretto la figlia a inserirsi un chilo di polvere di peperoncino nella vagina e a leccare la polvere che cadeva a terra per punirla di aver «fantasticato sulla consumazione di rapporti sessuali con Shingara, tanto da farsi chiedere in sposa».

La Cassazione ha definito «aberrante e brutale» questa «punizione» e ha sottolineato che non fa venir meno l’accusa di violenza sessuale il fatto che padre e madre non avevano provato «concupiscenza» o appagamento sessuale perchè la legge punisce qualunque «comportamento coercitivo volto a comprimere o anche solo a porre in pericolo l’autodeterminazione o la sfera sessuale della vittima».
La Cassazione ha però ordinato alla Corte di Assise di Appello di Milano di valutare la possibilità di ridurre, leggermente, la pena alla coppia applicando la continuazione dei reati. Hanno escluso inoltre l’accusa di maltrattamenti abituali ai danni della figlia dal momento che le violenze inflitte si sono concentrate in quattro giorni, dal 14 al 18 febbraio 2010.
È stata esclusa la concessione di qualunque attenuante.

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