Profughi nel Mediterraneo, i vescovi criticano la Ue

Non trovare soluzioni alternative «all'intervento armato» o alle «braccia allargate», è per i Paesi europei «un modo elegante per lavarsi le mani di fronte ad una dramma che sarà sempre più insopportabile dall'Italia». Lo ha detto il segretario generale Cei (Conferenza episcopale italiana), mons. Nunzio Galantino, parlando di immigrazione.

Sul flusso di migranti e profughi, denso di episodi tragici, il prelato attacca: «L'Unione europea, purtroppo, continua a girarsi dall'altra parte, continua ancora a trattare come emergenza caduta nel dimenticatoio, una realtà che non è più emergenza, ma un dramma. Se l'Europa e tutto l'Occidente non si impegneranno a dare una lettura diversa, evidentementeTriton o altre forme saranno solo dei pannicelli caldi e continueremo a vedere purtroppo il nostro mare come un cimitero a cielo aperto». Monsignor Galantino è intervenuto a Lecce ad un incontro di preparazione al Convegno Ecclesiale di Firenze 2015.

«Sento - ha aggiunto - che ci sono tra i 500 mila e il milione di migranti pronti a partire dalla Libia. Bisogna impegnarsi a creare le condizioni perché questo fatto venga letto veramente per quello che è, un dramma di uomini e di donne che dove stanno non possono stare perchè è a rischio la loro vita, il loro futuro».

Commentando l'episodio in cui sono stati buttati a mare dei cristiani, il vescovo dice: è «un passo avanti nell'imbarbarimento, nella strumentalizzazione della religione». Galantino, parlando con Radio Vaticana, sottolinea che dietro l'episodio ci sono «contrasti individuali" che «con la religione non hanno nulla a che fare».

«Penso che sia arrivato il momento in cui da parte di tutti ci debba essere un sussulto anche di orgoglio umano per dire basta con un impegno reale a certe derive che noi stessi occidentali, per certi versi, abbiamo innescato. Non servono - ha aggiunto Galantino - soluzioni radicali, soluzioni conflittuali per questo conflitto, non è questa la strada. Non si risolve la complessità con la semplificazione, e i bombardamenti, le guerre sono delle tristi, terribili semplificazioni». Secondo il segretario della Cei, «tutte le volte in cui degli uomini, delle donne vengono uccisi è un olocausto in atto, ma quando si perdono vite umane in maniera drammatica e paradossalmente in nome di Dio, la cosa diventa più grave anche sul piano culturale sul piano umano, delle relazioni».

Per il segretario generale dei vescovi italiani, «quando gente che vive la stessa situazione di difficoltà, qual è quella di coloro i quali stanno su un barcone e tentano di raggiungere un posto che dovrebbe essere di speranza, addirittura strumentalizzano l'esperienza religiosa e il credo religioso per dover far prevalere il proprio pensiero, la propria situazione, vuol dire che sono stati interiorizzati certi ragionamenti».

Ma Galantino tuona soprattutto contro l'Europa che sta lasciando sola l'Italia. «Dire deluso, è troppo poco», commenta. Sulle tensioni che spingono così tante persone a lasciare i loro Paesi, soprattutto dall'Africa, «aspetto il momento in cui gli Stati Uniti, l'Europa ed altri dicano almeno una parola, almeno una, di autocritica su quello che hanno fatto negli anni passati. Se siamo seri dobbiamo dire anche che gran parte di queste situazioni sono state favorite, se non proprio create da tipi di interventi incauti, da interventi dietro i quali stiamo scoprendo un poco alla volta che c'erano soltanto interessi: altro che voglia di esportare valori, altro che voglia di esportare democrazia».

Dopo la chiusura, alla fine del 2014, dell'operazione italiana di salvataggio Mare Nostrum, avviata nel 2013 dal governo Letta in seguito alla strage di 366 migranti nel naufragio del 3 ottobre, il numero di persone morte in mare è aumentanto a dismisura, dalle poche decine del 2014 si è arrivati, secondo le stime dell'Onu, a sfiorare il migliaio solo in poco più di tre mesi. L'agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati, Unhcr, sottolinea la debolezza dell'operazione Triton, tanto più a fronte di una situazione che degenera in Libia e altri paesi, costringendo molte famiglie alla fuga dalla guerra e dalle persecuzioni dell'Isis o di altre forze violente.

La portavoce dell'agenzia, Carlotta Sami, insiste nel sottolineare la necessità di uno scatto anche di umanità di fronte al riprendere delle stragi in mare: «Non pssiamo assuefarci a queste tragedie. È opportuno fare una seria riflessione sulla istituzione di alternative legali ai pericolosi attraversamenti via mare. Queste morti possono essere evitate con un maggiore impegno internazionale nella ricerca e nel soccorso in mare».

Una delle opzioni su cui insistono molte organizzazioni umanitarie ma sulel quali la politica tergiversa è la modifica del regime europeo per la richiesta di asilo politico: si chiede di istituire la possibilità di contattare le rappresentanze Ue e di ottenere la protezione temporanea in Nordafrica, per evitare i viaggi della disperazione che peraltro alimentano la criminalità del traffico di esseri umani, spesso anticamera della morte in mare.

E che non ci sono soluzioni in vista per il caos libico, dove la guerra civile e l'avanzata dell'Isis ingrossano le ondate migratorie e la tracimazione del terrorismo in Europa, lo avevano fatto intendere chiaramente, ieri, fonti Ue.

Nonostante gli sforzi dell'italiana Mogherini e l'allarme della Commissione, i 28 continuano ad essere divisi sulle risposte da dare in tempi brevi. Con il bilancio dei morti e dei salvataggi in mare che continua a crescere esponenzialmente, la Cei fustiga la Ue che "si lava le mani".

E l'Italia protesta. Paolo Gentiloni definisce "imbarazzante" che la Ue "più grande superpotenza economica del nostro tempo" destini "solo 3 milioni di euro al mese" all'emergenza migranti. Laura Boldrini sottolinea che "le morti in mare interrogano tutta Europa, non solo l'Italia". I ministri degli affari europei di Francia, Germania e Slovacchia si schierano con noi e Federica Mogherini lunedì prossimo metterà sul tavolo del Consiglio Esteri le opzioni crescenti di intervento europeo a sostegno di un governo di unità nazionale che sembra ancora di là da venire.

E proprio l'accordo "tra le tribù", come ha ricordato ieri anche il premier Matteo Renzi parlando al fianco di Barack Obama alla Casa Bianca, è la pre-condizione per qualsiasi azione europea per la stabilizzazione della Libia. Ma alte fonti diplomatiche europee avvertono che nel negoziato per la formazione di un governo di unità nazionale condotto da Bernardino Leon "ancora non ci siamo", aggiungendo che in Europa "non c'è consenso" tra i 28 neppure per rafforzare Triton, la piccola operazione di Frontex che affianca l'Italia nelle operazioni di salvataggio al largo della costa libica. La Commissione ha già alzato la voce, avvertendo che "la situazione peggiorerà" e che non è l'esecutivo ad avere "la bacchetta magica" indicando chiaramente che "sono i governi" a dover decidere. Ma troppi continuano ad ignorare il problema.

L'Alto rappresentante per la politica estera nel Consiglio esteri di lunedì a Lussemburgo comunque metterà sul tavolo un documento - di cui l'Ansa ha potuto prendere visione - con sei opzioni di "sicurezza e difesa" (di cui solo cinque considerate al memento praticabili) a sostegno dell'eventuale governo di unità nazionale. Missioni ad impegno crescente: per il monitoraggio del cessate il fuoco, per la difesa delle infrastrutture strategiche (edifici governativi, porto e aeroporto di Tripoli, impianti petrolifere), per assicurare la sicurezza delle frontiere libiche o quelle della regione (includendo le missioni europee già in corso in Mali e Niger) fino all'ipotesi di una operazione di sorveglianza marittima per bloccare il contrabbando di armi che alimentano la guerra civile e l'Isis controllando anche quello delle petroliere in entrata e uscita dai porti di Tripoli.

Ipotesi considerate tutte "consistenti e pesanti" dal punto di vista dell'impegno economico, di mezzi e uomini ed in cui la presenza militare (operazione navale a parte, naturalmente) dovrebbe essere la più leggera possibile. Intanto in Italia il leader della Lega, Matteo Salvini, lancia bordate all'Esecutivo: sull'immigrazione Matteo Renzi e la maggioranza sono "complici di un'invasione programmata. Così non stiamo aiutando nessuno, se non mafia-capitale, le cooperative che ci sguazzano", ha detto. E ancora: "La Mogherini non conta un fico secco, non conta un accidente. In un anno e mezzo abbiamo dimostrato di essere lo zimbello del mondo, la Spagna difende i suoi confini, la Grecia difende i suoi confini, noi li andiamo a prendere". Nuovi attacchi, infine, anche alla presidente della Camera. "La Boldrini è il peggio del peggio, è una delle protagoniste di questo disastro".

Frattanto, è sempre tensione fra Roma e gli enti locali sull'accoglienza dei profughi. Comuni e Regioni sono disposti a lavorare a stretto gomito con il governo per rispondere in maniera efficace all'ondata di profughi che continuano a sbarcare sulle coste italiane, un numero rilevante che da inizio anno ha superato le 20mila unità. Un concetto che il presidente dell'Anci e sindaco di Torino, Piero Fassino, ieri aveva sollecitato in nome di una "più solida collaborazione interistituzionale tra Amministrazione centrale e Istituzioni territoriali", che si è poi tradotto in una richiesta di varare una cabina di regia tra Governo, Comuni e Regioni lanciata oggi dal presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino.

Tuttavia tra il governatore della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino e il ministero della Difesa, in serata è scoppiata la guerra sulla questione delle caserme. "Alla luce delle prime informazioni ricevute risulta particolarmente complicato e difficile il concreto utilizzo di strutture disponibili e fruibili in questi frangenti e, fra queste, in particolare delle caserme dismesse", ha fatto notare il presidente dei governatori, sottolineando che, "quando si affronta una emergenza, bisogna collaborare". La replica della Difesa non si è fatta attendere. Destano "sorpresa e amarezza" le dichiarazioni circa la presunta mancata collaborazione da parte del Ministero della Difesa da parte di un amministratore locale sempre attento ai rapporti interistituzionali tra Amministrazioni dello Stato, quale il presidente Chiamparino, risponde il ministero della Difesa. E ancora: "già dal 2010 è stata avviata una collaborazione tra questo Dicastero e il Ministero dell'Interno per individuare soluzioni al problema".

"Peraltro nel luglio del 2014 - ricorda il ministero della Difesa - è stato redatto un elenco su scala nazionale di siti della Difesa, non più necessari all'assolvimento dei compiti istituzionali, di cui 3 sono transitati già dallo scorso novembre al Ministero dell'Interno". Dal fronte Comuni, invece, proviene 'l'operazione verita" rispetto a chi nelle ultime ore ha ventilato l'ipotesi di una maggiore esposizione dei sindaci in tema di accoglienza, tesi che è stata rigettata dal delegato Anci all'Immigrazione, il sindaco di Prato Matteo Biffoni, che ha assicurato che l'impegno sarà di respiro nazionale.

"Capisco il clima elettorale e le relative tensioni politiche in vista del 31 maggio - ha evidenziato Biffoni - ma è bene che tutti comprendano, anche per evitare di creare tensioni sui territori, che gli sbarchi continueranno anche dopo quella data". "Ho avuto chiare rassicurazioni a livello istituzionale che hanno confermato la mia idea che a questa emergenza si deve far fronte tutti insieme, con uno sforzo nazionale. Quindi hanno fatto più che bene Fassino e Chiamparino, a nome di Comuni e Regioni, a chiedere al governo il varo di una cabina di regia". Com'era inevitabile la vicenda rifugiati si è fatta sentire anche lontano dalle grandi città: oggi il sindaco di Vigodarzere (Padova), Francesco Vezzaro, si è prima dimesso per protestare contro la decisione della prefettura che avrebbe individuato una caserma sita nell'area comunale da destinare a un eventuale centro di accoglienza, salvo poi, in serata, ritirare le dimissioni.

E una protesta è venuta anche dal sindaco Pd di Cairo Montenotte, nel savonese: "No a profughi in nostra città", ha detto Fulvio Briano. La partita decisiva comunque si giocherà la prossima settimana con l'incontro tra Governo, Comuni e Regioni. Magari per una prima risposta alla richiesta del Viminale - alle prese al momento con la gestione di circa 80mila profughi - che con una circolare aveva sollecitato i prefetti a reperire almeno 6.500 posti in più.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"264926","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"631","width":"700"}}]]

(Ansa)

comments powered by Disqus