Trieste, autisti di ambulanze pagati senza poter lavorare

Dopo la privatizzazione dei comitati locali della Croce dodici dipendenti dell’ufficio di Trieste sono costretti, loro malgrado, a starsene con le mani in mano anziché proseguire nell’attività di intervento nelle emergenze.

Il pasticcio burocratico, del quale riferisce il quotidiano il Gazzettino, riguarda un gruppo di ex precari, stabilizzati appena otto mesi fa, tutti autisti soccorritori delle ambulanze Cri.

«Arriviamo e timbriamo il cartellino. Poi stiamo in una stanza ad aspettare che qualcuno ci dia buone notizie: noi vorremmo lavorare», spiega uno di loro al quotidiano veneto.

Loro chiedono dunque di tornare a lavorare, di essere impiegati dalla Croce rossa o almeno di trovare una strada per ottenere la mobilità verso altri enti pubblici. Ma al momento la situazione appare comletamente congelata.

Il problema è sorto al momento della stabilizzazione dei dodici lavoratori che si incrociava con la nuova normativa: di fronte alla possibilità di scegliere fra l’inquadramento con contratto privato e quello pubblico, hanno optato per quest’ultimo, con la conseguente assegnazione al comitato regionale, che a differenza dei comitati locali, ha mantenuto la veste pubblica.

«Noi - spiega al Gazzettino uno dei lavoratori, che sono rappresentati dalla Cisl - abbiamo scelto di restare nel pubblico, perché ci sentivamo più tutelati. Siamo stati assegnati al comitato regionale, che ha solo mansioni amministrative. Ma essendo noi dei tecnici non possiamo essere impiegati come amministrativi. Così stiamo in un ufficio, ma siamo costretti a non far niente, neanche le fotocopie, perché loro hanno già il loro personale».

Ora la Croce rossa locale sta verificando se vi sia una via di uscita, per restituire all’operatività i dodici lavoratori, attraverso l’assegnazione a un comitato provinciale.

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