Assolti gli arrotini accusati di furto Sconfessati i residenti "detective"

di Marica Viganò

L’arrivo del “moleta” in paese, una mattina d’autunno, non è passato sicuramente inosservato. Non bastasse il tradizionale urlo “Donne, è arrivato l’arrotino”, diversi abitanti hanno notato volti sconosciuti aggirarsi nelle vie e si sono preoccupati. Ma un conto è la prudenza (o la diffidenza) di fronte a chi non si è mai visto prima, un altro è il sospetto di furto, che si è subito concretizzato in una denuncia formale contro i “forestieri”.

Ed è così che davanti al giudice Greta Mancini è finita la storia del “moleta” ladro, anzi dei suoi due collaboratori, che, secondo quanto denunciato da una coppia, avrebbero rubato un paio di orecchini da un appartamento. Difesi dall’avvocato Giuliano Valer, entrambi sono stati assolti, ma le accuse contro di loro erano davvero pesanti. L’episodio, di cui si è discusso in tribunale a Trento, si è verificato nell’ottobre di due anni fa in un paese della val di Non.

Le persone accusate di furto sono un uomo ed una donna, entrambi cinquantenni, “aiutanti” dell’arrotino: il loro compito era aggirarsi per il paese in cerca di clienti. In auto, come testimoni hanno riferito ai carabinieri, erano effettivamente arrivati in tre.

Secondo il racconto reso dalla coppia che ha denunciato il furto, la sconosciuta si era avvicinata al giardino in cui si trovava la padrona di casa chiedendole se fosse interessata all’affilatura di coltelli. Affare fatto: con i due coltelli e le forbici che le erano stati affidati dalla “cliente”, aveva raggiunto l’auto in cui la attendeva l’arrotino. Mezz’ora dopo si era presentato nell’abitazione dei “clienti” l’uomo, pure lui aiutante dell’arrotino, a consegnare la merce e riscuotere il denaro. C’era stata una leggera discussione con il padrone di casa per via della cifra chiesta per l’affilatura, 50 euro, ma il pagamento c’è stato e lo sconosciuto è stato invitato ad andarsene e a non farsi più vedere. È stato la sera che i padroni di casa si sono accorti che dal mobile della cucina mancavano un paio di orecchini d’oro. Il pensiero è subito andato all’uomo che aveva consegnato i coltelli e le forbici, l’unico estraneo che era entrato quel giorno nella stanza. La coppia ha quindi deciso di presentare denuncia di furto. I due aiutanti dell’arrotino sono stati identificati grazie alla descrizione data ai carabinieri dalla coppia che ha raccontato di essere stata derubata e da altri compaesani, insospettiti per quelle persone forestiere che si aggiravano per il paese. Sono stati gli stessi abitanti ad improvvisarsi detective: uno aveva chiamato subito il “112” per segnalare l’auto “sospetta”, un altro aveva fotografato la targa.

Ma i due imputati e l’arrotino (non identificato) non avrebbero fatto altro che il loro lavoro: affilare i coltelli. L’avvocato Giuliano Valer, nella sua difesa, ha evidenziato che i coniugi che hanno denunciato il furto se ne erano accorti solo dieci ore dopo il fatto e che non vi è stato alcun ingresso “clandestino” nell’abitazione da parte degli imputati: l’uomo, in particolare, nel momento in cui ha fatto ingresso nella casa non sarebbe mai stato “perso di vista”. Inoltre la presenza dei due sconosciuti nell’abitazione è da considerarsi legittima in quanto relativa ad un’attività commerciale. Ma che fine hanno fatto gli orecchini? L’avvocato Valer ha sollevato il dubbio che possano essere stati rubati da altri, oppure persi. Preso atto delle difese, nell’udienza di venerdì il giudice ha assolto gli imputati, sussistendo un ragionevole dubbio in ordine alla loro colpevolezza.

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