Si apposta e fotografa il "vandalo" che continuava a bucargli le gomme: ora l'uomo è a processo ma nega

Paziente come un fotografo naturalista che vuole immortalare l’orso, il proprietario di un’auto a cui avevano più volte bucato le gomme ha fatto mesi di appostamenti notturni per dare la “caccia” al vandalo.

Alla fine tanta dedizione è stata ripagata: l’uomo che aveva ripetutamente bucato le gomme dell’auto è stato fotografato. La vittima ritiene di aver riconosciuto un ristoratore che ha il locale vicino a casa sua, in un paese della val di Cembra.

Ora l’uomo è a processo per danneggiamento aggravato, ma si difende a spada tratta replicando che quell’individuo ritratto mentre nell’oscurità bucava la gomme di un’auto in sosta, non è lui. Per dimostrare la sua innocenza, il presunto vandalo ha opposto un decreto penale di condanna da 3.750 euro preferendo affrontare i rischi di un processo.

Ieri il dibattimento doveva entrare nel vivo ma l’udienza, con i primi testimoni, è stata rinviata per l’astensione proclamata a livello nazionale dagli avvocati penalisti.

L’imputato è difeso dall’avvocato Francesco Moser, mentre il proprietario delle auto danneggiate (oltre a quelle della ditta per cui lavora sarebbero stati presi di mira anche i pneumatici della moglie) si è costituito parte civile chiedendo il risarcimento dei danni patiti con l’avvocato Andrea de Bertolini.

Nella querela si lamentano in particolare cinque episodi di danneggiamento collocati tra il primo ottobre 2015 e il 9 settembre 2017. Il vandalo colpiva di notte, in genere bucando un solo pneumatico, sempre con un cacciavite o punteruolo con testa a stella. Stufo di essere preso di mira, il danneggiato decise di appostarsi di notte ad una finestra “armato” di macchina fotografica nella speranza di sorprendere il vandalo.

Possiamo immaginare che molte notti siano state trascorse quasi insonni, senza che la “preda” si facesse vedere nella piazza del paese. La pazienza, però, alla fine ha premiato il danneggiato. Poco prima della mezzanotte del 9 settembre del 2017 un uomo si avvicinò con fare furtivo all’automobile. La macchina fotografica scattò a ripetizione. Il misterioso individuo, che sfoggiava una vistosa camicia bianca, venne identificato dalla vittima come il titolare di un bar con cui in passato aveva avuto qualche discussione per questioni - peraltro banali - legate ai parcheggi e all’atteggiamento di qualche avventore esuberante.

Caso chiuso? Per nulla. L’odierno imputato respinge al mittente tutte le accuse. Il problema è che le foto, frutto di tanti appostamenti notturni, non sono di qualità elevata. E così se la parte civile si dice certa di aver identificato il ristoratore, questi sostiene di non essere l’uomo in camicia bianca. Per dimostrarlo la difesa è pronta anche a chiedere che sia eseguita una perizia sulle foto agli atti per dare un nome certo all’uomo immortalato nella piazzetta del paese “armato” di cacciavite.

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