Oncologia, attese troppo lunghe al Santa Chiara situazione insopportabile per i malati

di Patrizia Todesco

Ci sono attese piacevoli, come quelle in aeroporto prima di partire per le vacanze o quelle nella sala parto dell’ospedale o ancora quelle che precedono un appuntamento felice. Poi ci sono le attese che sembrano non finire mai. Tra queste ci sono quelle dei pazienti del day hospital oncologico. «E al S. Chiara - purtroppo - sono attese lunghe. Non è colpa del personale. Medici e infermieri fanno di tutto per rendere meno pesanti possibile questi momenti. Ma i numeri nel tempo sono aumentati e gli spazi e l’organizzazione sono rimasti gli stessi. Per questo lì, quando si deve entrare per la chemioterapia, si sa quando si arriva ma non quando si finisce». A parlare è un ex paziente oggi tornata in quel reparto per accompagnare un parente. Sono passati gli anni, sono migliorati i farmaci, si sono umanizzate le cure, ma le attese sono aumentate. «Si aspetta per fare le analisi del sangue, si aspetta per avere il numero dell’accettazione, si aspetta per poter parlare con il medico, si aspetta per poter effettuare l’infusione. È tutta un’attesa», dice.

I numeri, come già detto, sono aumentati negli anni. È aumentato il numero di diagnosi di tumore, ma anche la sopravvivenza. In molti la patologia si è cronicizzata e queste persone hanno comunque bisogno di terapie. Ogni giorno sono circa 50 i pazienti che si recano al day hospital del S. Chiara per la visita con l’oncologo. Ci sono poi in media di 35/40 prelievi e 35/40 terapie . Anche in quest’ultimo caso i tempi variano. C’è chi ha infusioni che durano mezz’ora e chi sei ore. Il personale cerca di incastrare al meglio gli appuntamenti ma il problema è soprattutto il numero limitato di stanze a disposizione e, quindi, non sempre le cose vanno come è programmato.

«Quello che infastidisce di più sono soprattutto le attese inutili - spiega ancora questa ex paziente oggi accompagnatrice - come quando ci si deve mettere in fila per il brevissimo colloquio con l’infermiera che assegna il numero per le visite. Io faccio la fila per mia mamma e non ho problemi. Ma mi metto nei panni di chi è malato. Di chi viene accompagnato da qualche parente che lavora e che dunque porta e viene a riprendere la persona al termine della terapia. Di chi è anziano o sofferente. Quell’attesa in fila è snervante e soprattutto stancante. Mi si stringe il cuore». In reparto il personale aveva ipotizzato la possibilità di poter acquistare un totem che avrebbe evitato le attese ma sembra che i costi elevati abbiano fatto naufragare l’idea. Come al momento non c’è straccia del progetto prevedeva un aumento e una rivisitazione gli spazi del day hospital. «Quelle sedie in plastica dove i pazienti devono aspettare sono un po’ la dimostrazione della poca attenzione che viene riservata anche al confort di chi sta attraversando un momento difficile. Persone fragili che hanno tutte le attenzioni del personale, il quale a sua volta deve fare però i conti con un organizzazione che sembra difficile da cambiare».

I pazienti ovviamente non hanno “ricette” per migliorare la situazione ma sono anche consapevoli che il delicato momento che stanno vivendo e la debilitazione che le cure a cui sono sottoposti richiederebbero una maggiore attenzione da parte dell’Azienda sanitaria per quanto riguarda il tempo che trascorrono in reparto e il modo in cui vengono gestite le attese. «Ci è stato detto che aumenterà il personale, ma forse questo non risolverà il problema perché il personale non è in grado di aumentare gli spazi. Solo se all’aumento di personale corrisponderà un aumento di spazi e un cambio di organizzazione allora si potrebbe davvero sperare in un reale miglioramento delle condizioni. Si parla sempre di punti nascita, ma qualcuno dovrebbe venire ogni tanto a vedere come si vive qua, in questo reparto, dove le attese non sono mai piacevoli e dove la gente soffre, fisicamente e psicologicamente. Qui le persone non vengono per una visita o per un esame. Qui le persone vengono settimanalmente o con altra cadenza a seconda della terapia, per lunghi periodi. Anche di questo va tenuto conto».

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