Scuola, parla la nuova sovrintendente Sbardella «Esami a settembre? Al via il confronto»

di Giorgio Lacchin

Viviana Sbardella ricopre da ieri un ruolo che non è mai esistito. Il vecchio “sovrintendente scolastico” era tutta un’altra cosa, sostiene infatti. Poi Sbardella racconta la scuola che vorrebbe: debiti formativi o esami a settembre? Magari scopriamo una terza e migliore soluzione. E sull’insegnamento di una materia in una lingua straniera (il modello Clil) dice che alcune scuole hanno trovato delle difficoltà ma il potenziamento delle lingue rimane un obiettivo. Una strada per centrarlo è l’alternanza scuola-lavoro all’estero: gli studenti hanno a disposizione fondi provinciali e statali. Li sfruttino tutti.



Professoressa Viviana Sbardella?

«Presente».

È andato bene il primo giorno da sovrintendente scolastica provinciale?

«Avete la domanda di riserva?».

No.

«Scherzavo».

Chiaro.

«Sì, oggi (ieri, ndr) mi sono insediata nel palazzo».

Quello con la pi maiuscola. Il palazzo del potere.

«Quello in via Gilli. Dipartimento istruzione e cultura».

La sensazione?

«Nessuna in particolare se non il desiderio di capire in tempi ragionevoli come rendere operativo l’incarico. Ricopro un ruolo che non è mai esistito».

Molti anni fa, sì.

«In forma diversa. Una volta il sovrintendente scolastico faceva quello che oggi fa il dirigente generale. Il suo ruolo non era mica legato all’innovazione didattica».

Che è il suo ruolo, invece.

«Ed è tutto da creare. Si tratta di capire come si va da un punto a a un punto b senza che ci sia una traccia».

Primo giorno, primi problemi. Nella scuola primaria ci sono 400 cattedre scoperte.

«Non è un problema di mia competenza. C’è un dirigente generale che si occupa di questo e ne sono ben contenta!».

La questione esami a settembre sì, esami a settembre no è tutta sua, però.

«Questa è mia».

E allora: meglio il sistema dei debiti formativi oggi in vigore oppure quello degli esami a settembre in vigore una volta e che la Giunta provinciale vuole ripescare?

«Nessuno dei due è perfetto. Mi porrei la domanda: quale dei due crea maggiore qualità?».

Gliela poniamo noi: quale dei due?

«Voglio confrontarmi».

Così non vale.

«Vale la pena confrontarsi. Ho una mia opinione, che si è creata nel tempo. E conta. Ma nella scuola è giusto che alcune decisioni vengano prese in maniera condivisa».

Ci dica intanto la sua opinione.

«Anche il sistema degli esami a settembre non permette a tutti gli studenti di recuperare tutte le competenze. Lo so perché in questi anni ho lavorato anche in Italia».

Perché il Trentino non è Italia?

«È un po’ così! Nel resto d’Italia alcuni parlano di noi come di quelli dell’”altra Italia”».

Contenti loro...

«Però anche il sistema dei debiti formativi ha delle criticità».

Come se ne esce?

«Discutendo e ascoltando l’opinione dell’altro».

Ma se io ho un’opinione e l’altro ne ha un’altra?

«Magari scopriamo una terza soluzione che funziona meglio delle altre due. Chi può dirlo?».

Altra questione il “modello Clil”: l’insegnamento di una materia svolto in un’altra lingua. La Giunta Rossi ci puntava molto, quella nuova un po’ meno.

«Mi sembra, comunque, che l’assessore Bisesti abbia ribadito che il potenziamento delle lingue rimane un obiettivo».

Ci mancherebbe.

«E non c’è una sola strada per arrivarci. Alcune scuole hanno avuto difficoltà a realizzare il modello Clil in maniera ortodossa; questo è vero».

Difficile trovare insegnanti con le competenze necessarie.

«Si è fatto tanto, in questi anni, sul fronte della formazione degli insegnanti. I docenti sono stati incentivati ad andare all’estero. La metodologia didattica Clil ha avuto il merito di creare un fermento positivo, ma ci vuole tempo affinché se ne vedano i frutti. L’importante è che non venga demolito quello che è stato fatto».

Il metodo Clil potrebbe essere affiancato da qualcos’altro.

«Esatto. Noi, intanto, dobbiamo continuare ad incentivare gli studenti ad andare all’estero con i finanziamenti a loro disposizione. All’estero anche per l’alternanza scuola-lavoro: negli ultimi anni la Provincia ha messo a disposizione dei soldi, e poi ci sono i fondi nazionali europei. Dopo un mese all’estero in un contesto di lavoro i ragazzi tornano a casa con la lingua praticata che è decisamente potenziata».

A proposito di alternanza scuola-lavoro: molti ragazzi sembrano perplessi sulla reale utilità.

«Credo sia una metodologia didattica molto utile, se ben costruita e spiegata ai ragazzi».

Sono pesanti quei due “se”.

«L’alternanza dovrebbe fornire quelle competenze trasversali molto richieste dal mondo del lavoro, ed è fondamentale sia per proseguire gli studi che per entrare nel mondo del lavoro. Se il ragazzo pensa che quella attività non porti a niente, si parte male».

Ma bisogna spiegarglielo.

«Il primo anno al Guetti incontrai i rappresentanti d’istituto: era appena partita l’alternanza scuola-lavoro. Loro avevano molti dubbi ma quando spiegai cosa doveva essere esclamarono: se è così, allora!».

Vada in tutte le scuole. Si faccia sentire.

«Bisogna spiegare ai ragazzi che nonostante quell’attività non incida sulla pagella è molto probabile si ripercuota positivamente su tutte le discipline. Sulla loro attitudine allo studio».

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