Antonio Bonomi, a 100 anni guida e legge l'Adige

di Daniele Benfanti

«Ho avuto proprio una bella famiglia, numerosa e unita». Antonio Bonomi è sulla soglia dei cent’anni e guarda con affetto al secolo di vita che si è lasciato alle spalle. È uno dei circa 14.500 centenari d’Italia (ma solo il 14% sono uomini). Insieme alla Francia siamo il paese più longevo d’Europa. Antonio è nato a Trento, il 21 agosto del 1919, al numero 24 di Via Santa Croce.

Quella casa non esiste più, ma lui abita ancora lì, nel condominio che ha preso il suo posto sessant’anni fa. Lucidissimo, memoria d’acciaio, instancabile narratore, apertissimo alla relazione umana, si fa davvero fatica ad attribuire al signor Antonio ben cento primavere sulle spalle. C’è il dispiacere per le condizioni di salute precarie dell’amata moglie, Lidia Piazzi, seguita da una badante; c’è il mai superato dolore per la scomparsa prematura della sorella Delia (stroncata da broncopolmonite nel 1934 a 22 anni), e per la morte in mare, su una nave distrutta da una mina nell’Egeo, di uno dei suoi otto fratelli, il medico militare Giuseppe (stesso nome del padre), classe 1908, a 36 anni, appena sposato e reduce dalla Russia: «Il ministero della Difesa - sottolinea Antonio con amarezza a 75 anni di distanza - liquidò la tragedia con freddezza, come decesso nel Dodecaneso». Un fratellino che non ha mai conosciuto era nato nel 1912 e si chiamava Antonio come lui, ma fu travolto e ucciso da un trenino bellico che trasportava materiale al Tonale.

Le radici della famiglia Bonomi sono infatti in Val di Sole. Mamma Rosa Gallina veniva da una famiglia di farmacisti di Pellizzano. Papà Giuseppe, classe 1869, di Caldes, a 16 anni emigrò in Sudamerica: Argentina e Cile. Dove fece una discreta fortuna che reinvestì, sul finire del XIX secolo, in un bazar a Malè, nel quale vendeva dai vestiti ai mobili. Di idee liberali e irredentistiche, fu internato dall’Austria-Ungheria per due anni a Katzenau, vicino a Linz, quando era padre già di sei figli. Antonio è nato a Grande Guerra finita a Trento, dove la famiglia si era trasferita per far studiare i figli. Diplomato ragioniere, anche Antonio ha lavorato, come tradizione di famiglia, nel commercio all’ingrosso (con magazzino alimentari in via Borsieri e poi in via Vannetti).

Sull’altopiano di Piné, dove ha una casa per le vacanze, a fine agosto ci saranno oltre 70 tra familiari e parenti a festeggiarlo: i figli Mauro (fisico) e Marina (residente in Lombardia), la nipote Adriana Girardi, figlia di sua sorella Gabriella, una decina di nipoti di cui è zio e una trentina di pronipoti, più i due nipoti diretti, naturalmente. Nella memoria di Antonio il rammarico per quei 44 mesi della seconda guerra mondiale trascorsi in aviazione, prima a Torino e poi a Milano. Il ricordo dei bombardamenti, delle distruzioni, delle vite spezzate, la fuga rocambolesca verso Trento dopo l’8 settembre del 1943, cercando vestiti civili per non farsi riconoscere. Ma anche un approccio gioioso nei confronti della vita: la voglia di parlare con le persone, di tenere vivi i legami con i parenti in Trentino, in Germania, in Lombardia. La passione per lo sport (visto in tv, ma in gioventù ha praticato calcio e basket a Trento). Ma c’è soprattutto l’orgoglio di guidare la macchina. Ogni anno rinnova la patente (conseguita nel 1947) e si concede mensilmente, in compagnia di un nipote al suo fianco, il tragitto al volante della sua Hyundai fino a Piné. «Mai fatto incidenti – confessa – e solo una multa perché per errore sono entrato in Ztl».

Fino ai 94 anni ha guidato il camper, comprato con il pensionamento nel 1984. Ha girato mezza Europa, tre volte a Capo Nord, Africa del Nord, Russia, Siria, Giordania. L’altra grande passione di Antonio, coltivata tuttora, è la lettura dell’Adige. Abbonamento in edicola sotto casa. Lettura diretta. «Mi piace essere informato».

Alle 8 sa già cosa è accaduto in Trentino, in Italia, nel mondo. Appassionato anche della lettura della rivista «50 & più». Gli chiediamo qualche segreto di longevità: «Mangio di tutto, faccio anche merenda. Non fumo, non bevo. Al massimo mezzo bicchiere per brindare. E vado a dormire verso le 22. Arrabbiature? Mah, di carattere sarei anche nervosetto…». Forse il segreto di tutto è saper guardare avanti: «Il Trentino mi piace per la sua natura. E nel 2026 nella mia Piné ci sono le Olimpiadi» ci ricorda con orgoglio. Informato, appassionato, entusiasta per quello che di buono ancora deve venire.

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